Nello Musumeci che entra a palazzo d’Orleans come nuovo governatore. E un attimo dopo una serie di consiglieri regionali – pardon, deputati – appena eletti con il centrosinistra pronti a sostenere la nuova maggioranza di centrodestra senza passare neanche un secondo al’opposizione. Uno sforzo non troppo estremo dato che per molti di loro non si tratterebbe di tradimento ma di un semplice ritorno a casa. È lo scenario che si sta preparando in Sicilia per il day after delle elezioni regionali. Si vota il 5 novembre ma già per il 6 l’isola potrebbe rilanciare ancora una volta la sua faccia più ineffabile: quella di laboratorio politico nazionale. Dove esponenti del centrosinistra, e dello stesso Pd, sarebbero già pronti a collaborare col nuovo presidente eletto dalle destre di Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi.

Larghe intese in salsa sicula – Insomma le larghe intese previste da più fronti dopo il voto nazionale sarebbero tenute a battesimo – ancora una volta – sull’isola, dove tutti i sondaggi vedono in vantaggio Musumeci, tallonato da Giancarlo Cancelleri del Movimento 5 Stelle. Staccato e costretto a guardarsi dal bersaniano Claudio Fava è, invece, Fabrizio Micari, il rettore dell’università di Palermo ingaggiato da Matteo Renzi e da Angelino Alfano per una corsa in bianco e nero che si annuncia sempre di più come una sonora sconfitta. Ed è anche per questo motivo se molti candidati all’Assemblea regionale siciliana del centrosinistra lavorano già al post voto: loro all’opposizione non intendono proprio starci. Anzi non possono: prevedono di prendere migliaia di voti. E a ogni voto bisogna in qualche modo rispondere con azioni impossibili da sollecitare se si sta lontani dai banchi del governo. È per questo che sull’isola si lavora già da settimane alle larghe intese in salsa sicula.

La ricostruzione del Fatto.it – Una ricostruzione – filtrata nelle scorse ore sulle pagine di Business Insider – che sulla carta nessuno è pronto a confermare mettendoci il proprio nome e cognome. E non potrebbe essere altrimenti visto che mancano appena otto giorni al voto. Ilfattoquotidiano.it, però, ha trovato tre auterevoli fonti politiche – esponenti di tutti gli schieramenti in campo, escluso il M5s – che hanno confermato l’esistenza di colloqui in corso tra destra e sinistra in Sicilia, chiedendo di poter mantenere l’anonimato. “È chiaro che se vince Musumeci molto difficilmente avremo la maggioranza all’Ars: l’unica soluzione è ottenere qualche aiuto dall’altra parte, dove ci sono molti amici”, dice un esponente moderato che sostiene il centrodestra. Dove molti ex Alfaniani sono tornati recentemente bocciando la decisione del ministro degli Esteri di allearsi con Renzi. Quello che in qualsiasi altra regione d’Italia verrebbe visto come il più antipatico dei tradimenti, in Sicilia, infatti, è semplicemente un pezzo di storia politica: dal governo di Silvio Milazzo – che nel 1958 spinse la Dc all’opposizione stringendo al governo Msi e Pci – fino al ribaltone di Raffaele Lombardo, che portò il Pd in maggioranza. “D’altra parte – ricorda uno dei bersaniani siciliani che sostengono Fava – è stato così anche cinque anni fa: Rosario Crocetta non aveva la maggioranza e alcuni consiglieri eletti con la destra si premurarono di chiamarlo per mettersi a disposizione quando ancora lo scrutinio era in corso“.

La fonte interna al Pd conferma – Una copione destinato a ripetersi e che questa volta sarebbe agevolato dalla metamorfosi subita dal Pd di Renzi. “Il virus renziano ha reso fluido e quindi più debole il partito, riempiendolo di figure che vengono da altre esperienze politiche. Gente che ha migliaia di voti ma non può permettersi di non stare in maggioranza. Sono arrivati qui dopo il 40% delle europee: adesso che la sconfitta sembra inevitabile stanno già preparandosi per il dopo. In caso di vittoria di Musumeci non perderanno tempo a passare dall’altra parte: con la scusa della responsabilità di governo si faranno subito trovare pronti, in modo da partecipare alla spartizione delle varie poltrone in commissione, negli uffici di gabinetto e nei posti di sottogoverno“, spiega un storico esponente siciliano dei dem. “Il metodo – prosegue – sarà sempre lo stesso: prendere una delle liste-contenitore create a suo tempo per portare un po’ di deputati a Crocetta e spingerla verso Musumeci”.

La lista-contenitore di Cardinale – Il pensiero non può che correre veloce a Sicilia Futura, il movimento di Salvatore Cardinale, l’ex ministro dell’Udeur che nel 2008 ha lasciato in eredità il suo seggio alla Camera col Pd alla figlia Daniela. Da allora, il politico di Mussomeli si comporta da libero battitore nel campo del centrosinistra. Divenuto luogotenente di Luca Lotti, ha visto la sua stella offuscarsi nel firmamento renziano dopo la batosta del referendum costituzionale. Sul piatto della bilancia, però, può mettere i suoi cinque anni trascorsi a fare da talent scout di consiglieri regionali eletti nel centrodestra: sono loro i primi indiziati di un nuovo repentino cambio di casacca che poi non sarebbe altro che un ritorno alla casa madre. Tra i deputati uscenti, per esempio, a Palermo Sicilia Futura candida Salvo Lo Giudice, che il 28 ottobre del 2012 era stato addirittura eletto con la lista Musumeci presidente. Un mese e mezzo dopo s’insediava a Palazzo dei Normanni come esponente del Patto dei democratici per le riforme, il primo dei contenitori ispirati da Cardinale per garantire la maggioranza a Crocetta: il giorno dopo le elezioni, perché uno come Lo Giudice non dovrebbe tornare nello schieramento che lo aveva eletto cinque anni fa? Lo stesso principio che potrebbe seguire Beppe Picciolo, candidato dalla lista di Cardinale nel collegio di Messina, dove era stato eletto nel 2012 con il Movimento per l’Autonomia. Il partito dell’ex governatore Raffaele Lombardo è praticamente scomparso dai radar, mentre sono ancora su piazza molti dei suoi più autorevoli esponenti. Come Nicola D’Agostino, che del Mpa fu addirittura capogruppo prima di essere addirittura inserito nel listino del presidente da Micari: una postazione che gli garantirebbe la rielezione all’Ars in caso di vittoria del centrosinistra. D’Agostino, però, contrariamente a Micari deve fidarsi molto dei sondaggi che danno per certo sconfitto il rettore: si è quindi candidato anche nella lista di Sicilia Futura a Catania. Una volta incassato il seggio a Palazzo d’Orleans si vedrà cosa fare del futuro.

Il nome di Micari non è segnato con una X

I volantini elettorali senza la X su Micari – “È curioso – fa notare il dirigente del Pd – Ma nelle foto dei fac simile pubblicate su facebook alcuni candidati all’Ars evitano di mettere riferimenti a Micari: nell’indicazione di voto, inseriscono solo il proprio nome senza indicare la X sul nome del candidato governatore”. E in effetti è vero: non fa riferimento a Micari l’ex autonomista D’Agostino, ma neanche Edy Tamajo, eletto con Grande Sud di Gianfranco Micciché prima di scoprirsi sensibile al centrosinistra. Non mette alcun segno sul nome di Micari – almeno sui volantini diffusi sui social network – neanche l’ex sindaco di Casteldaccia, Giovanni Di Giacinto, altro candidato di Sicilia Futura.  Segno forse che qualcuno si stia preparando a incentivare il voto disgiunto? È presto per dirlo anche se è un fatto che nelle ultime settimane i sondaggi hanno fatto registrare un netto recupero del Movimento 5 Stelle. 

Voto disgiunto in corso? – Nel caso di elezione a palazzo d’Orleans, Cancelleri non avrebbe mai la maggioranza all’Ars, ma essendo il Movimento 5 Stelle notoriamente contrario alle alleanze sarebbe l’unico antidoto alle prove generali delle larghe intese, che in quel caso si sposterebbero tutte obtorto collo all’opposizione. “Non credo che il voto disgiuto alla fine influisca più di tanto – dice uno degli organizzatori della campagna elettorale di Fava – però certo alla fine se devo passare a destra e vedo che il candidato di destra rischia di perdere lo faccio votare già al primo turno”. È per questo motivo che dalle parti dei dem hanno sollevato più di un sopracciglio quando hanno sentito Matteo Renzi promettere solennemente davanti a Micari: “Non preoccupatevi, tutto il Pd c’è“. Un‘excusatio non petita pronunciata a Catania in uno dei rarissimi – e brevissimi – interventi pubblici del segretario a sostegno del candidato governatore.

La profezia di Cuffaro – “Sono sicuro – continua la fonte interna al Pd del Fatto.it – che se dovesse vincere Musumeci gente come Antonello Cracolici o Giuseppe Lupo (due dei principali leader del Pd in Sicilia) starà saldamente all’opposizione. Ma chi può dire cosa farà uno come Nello Dipasquale che viene da Forza Italia? O Luca Sammartino che viene dall’Udc e prenderà senza dubbio migliaia e migliaia di voti? Staranno all’opposizione?” Dipasquale è l’ex sindaco di Ragusa, per anni berlusconiano convinto che nei comizi urlava urbi et orbi: “Il Pd fa schifo”. Da due anni gira con la tessera del Pd in tasca ed è capolista nel collegio ibleo. Sammartino, invece,  è la punta di diamante del renzismo in Sicilia. Trentadue anni, ingaggiato dal sottosegretario Davide Faraone e fedelissimo di Lorenzo Guerini, è cresciuto nell’Udc di Totò Cuffaro. Lo stesso ex governatore che mesi fa profetizzava al nostro giornale: “La Sicilia potrebbe essere un laboratorio perfetto“. Per cosa? “Perché il Pd e Forza Italia governino insieme dopo le elezioni”.

Twitter: @pipitone87

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