Abusata dal padre e prestata agli amici pedofili. Le violenze subite per anni da una bambina di 8 anni però sono state dichiarate prescritte dalla Corte d’appello di Venezia. Per alcuni è colpa della Cassazione come conseguenza di verdetto a sezioni Unite (n° 28.953 dello scorso giugno) che di fatto ha accorciato i tempi della prescrizione per i reati di violenza sessuale commessi sui minori degli anni 14: un’aggravante che la Suprema corte ha reso “meno pesante”. Per altri come per il vicepresidente del Cms, Giovanni Legnini, intervistato sul punto, a Circo Massimo, è colpa anche della legge 251 del 2005: “Ricordiamo che ci fu nel 2005 con la legge cosiddetta ex Cirielli un intervento gravemente riduttivo dei termini della prescrizione che è all’origine di questi esiti”. In realtà, stando alle cronache della stampa locale, il processo di primo grado che si era concluso con una condanna a 10 anni di reclusione, nel 2010, ci ha messo 7 anni ad arrivare in appello. Un tempo così lungo per il processo che, anche in assenza di sentenze a sezioni unite o ex Cirielli che i magistrati ben conoscono, difficilmente avrebbe impedito un esito diverso. Come avvenuto del resto in recenti casi trattati con grave ritardo dalla corte d’Appello di Torino e in particolare il processo per stupro che ci ha messo 9 anni per arrivare in appello sempre su una bambina.

Il primo verdetto – come scrive il Corriere del Veneto – fu del Tribunale di Treviso, che condannò l’imputato per aver abusato a partire dal 1995. L’uomo era separato e le violenze sarebbero avvenute soprattutto nei weekend che la bambina trascorreva con lui, quando si ubriacava e diventava violento. Abusi ai quali si sarebbero aggiunti anche quelli da parte di conoscenti del padre, gli “amici del bar“, ai quali l’avrebbe ‘ceduta’. Una interminabile serie di violenze e minacce, che però vennero alla luce molto tempo dopo, quando la ragazza trovò il coraggio di confidarsi prima con il fidanzato, poi con la madre e con i fratelli, che la convinsero a presentare denuncia.

L’inchiesta si concluse con un rinvio a giudizio e la condanna dell’uomo da parte del Tribunale di Treviso, ma il 9 giugno scorso, quattro mesi prima del processo d’appello, è intervenuto un pronunciamento della Cassazione, a Sezioni unite, che di fatto ha impedito ai giudici di secondo grado di confermare il verdetto. I giudici hanno anche confermato a carico dell’imputato la condanna al risarcimento del danno alla parte offesa, con una provvisionale di 100mila euro che è già stata riscossa.  “La posizione del Csm, espressa proprio in merito alla riforma del penale, è che sarebbe stato auspicabile sospendere totalmente la prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado. Questo risolverebbe alla radice i problemi – ha commentato Legnini -. Mi auguro che l’intervento recente del legislatore, con la riforma del processo penale, che determina la sospensione della prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado e dopo la sentenza di condanna di secondo grado per un anno e mezzo per ogni fase di giudizio, possa cambiare le cose. Ricordiamo che ci fu nel 2005 con la legge cosiddetta ex Cirielli un intervento gravemente riduttivo dei termini della prescrizione che è all’origine di questi esiti”. Come lo è la lentezza di alcuni processi.

 

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