Siamo dove dovevamo essere. Agli spareggi, perché arrivare secondi in un girone in cui c’è anche la Spagna è quasi normale, ed era stato messo in conto da tutti. Da testa di serie, che ci garantirà un sorteggio favorevole, permettendoci di evitare gli spauracchi Portogallo e Croazia, e di giocarci tutto contro avversarie assolutamente abbordabili: Svezia, Grecia, Irlanda e Irlanda del Nord (in probabile ordine di forza). Eppure non siamo mai stati così lontani dal Mondiale. Nemmeno nel ’97, l’ultima volta che fummo costretti ai playoff a causa di un beffardo 0-0 in Georgia, la situazione sembrava così tragica. L’Italia arriva alla sfida decisiva per Russia 2018 in una condizione tattica-psicologica disastrosa, prossima al dramma nazionale che la striminzita vittoria in Albania ha solo rimandato. Nonostante un percorso di qualificazione tutto sommato onesto, con 7 partite su 10 vinte, una sola sconfitta (ma rovinosa, in Spagna), una sola gara sbagliata (in casa con la Macedonia, una figuraccia). In un contesto generale in cui tante big, dalla Croazia al Portogallo campione d’Europa, passando per Francia e Olanda, hanno stentato. Il problema degli azzurri, però, non sono i risultati. Sono tutto il resto. E il rischio di non andare a Russia 2018, 60 anni dopo la storica mancata qualificazione alla Coppa del Mondo di Svezia 1958 (per mano guarda caso dell’Irlanda del Nord, che ora ritorna come possibile rivale ai playoff) è davvero concreto.

GIAN PIERO VENTURA – La caccia al colpevole è già iniziata, qualcuno deve prendersi la responsabilità di una situazione complicata e spiacevole. Il primo indiziato, quello più immediato, è sempre il commissario tecnico. Gian Piero Ventura è da settimane sul banco degli imputati: inadeguato e presuntuoso, sono gli aggettivi che ormai gli vengono affibbiati con più frequenza. Gli si rinfaccia soprattutto la mancanza di esperienza e un palmares non all’altezza della nazionale. La sua vera colpa, però, è aver perduto le redini della squadra alla prima difficoltà: dopo la sconfitta di Madrid, la sua nazionale è esplosa in mille pezzi. Il progetto tattico (il suo 4-2-4) non aveva mai convinto fino in fondo e ora pare naufragato, con gioco inesistente, nessuna identità e tanti uomini fuori ruolo e al di sotto del loro rendimento abituale (su tutti Insigne). Così “mister Libidine” ha dato ragione ai suoi detrattori.

CHI L’HA SCELTO: CARLO TAVECCHIO – Se Ventura è lì a far disastri, la colpa non è soltanto sua ma di chi ce l’ha scelto. Il ragionamento si sente sempre più spesso: l’altro responsabile non può che essere il presidente della FederCalcio. Giusto o sbagliato che sia, i destini dei dirigenti del pallone vengono sempre associati a quelli della nazionale. E Carlo Tavecchio non farà eccezione: si era preso gli onori della scelta di Antonio Conte dopo l’ottimo Euro 2016, ora gli toccano gli oneri di quella di Ventura, che lui ha fortissimamente voluto come ct. In questo caso c’è pure l’aggravante di avergli rinnovato un po’ improvvidamente il contratto subito prima della trasferta in Spagna. Puntare su Ventura, su un allenatore di seconda fascia votato al bel gioco per far crescere i giovani, era stata una scelta molto coraggiosa e anticonvenzionale per la Figc. Forse pure troppo. In caso di fallimento, in tanti lo aspettano già al varco.

IL CALCIO ITALIANO – I processi sommari a Ventura e Tavecchio rischiano però di spostare da quello che forse è il vero problema: il calcio italiano non è ancora uscito dalla crisi. E a volte questa nazionale sembra lo specchio veritiero del nostro campionato. Il ct ha fatto debuttare nel corso della sua gestione addirittura 13 giocatori: non si può dire che sia venuto meno ai propositi di rinnovamento. Non è colpa sua, però, se quasi tutti i giovani si sono dimostrati ancora acerbi a livello internazionale. Bastano poche assenze per far scattare l’emergenza: anche in Albania, Ventura non aveva di meglio a disposizione che la coppia GagliardiniParolo in mezzo al campo, e il gregario Eder in attacco. Mentre la difesa della Juventus che agli Europei aveva fatto le fortune di Conte ha un anno in più sul groppone, e non è più nemmeno tutta bianconera, con Bonucci che dopo il trasferimento al Milan pare l’ombra di se stesso. Sicuri che questa Italia sia davvero tanto meglio di così?

I MEDIA E I TIFOSI – C’è poi anche un fattore esogeno: la nazionale lavora in un clima ostile. Ventura non ha mai goduto di buona stampa, né del favore dei tifosi. È una delle controindicazioni a scegliere un ct poco quotato, si dirà. Ma quando l’Italia di Marcello Lippi faceva figuracce in serie contro Egitto, Bulgaria o Cipro le critiche erano sempre più velate. Oggi, invece, si guarda solo il bicchiere mezzo vuoto. Si elogia il modello tedesco, ma si dimentica che Joachim Low (il mentore della nazionale campione del mondo), quando è arrivato nel 2008 era solo un tecnico federale, promosso ct nonostante una modesta esperienza di club alle spalle. Si invoca il rinnovamento e il progetto giovani, ma non si è disposti ad aspettarli e si pretendono risultati immediati. Gettare le basi per una nuova era del calcio italiano richiede pazienza e fatica. Prendersela solo con Ventura è davvero molto più semplice.

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