L’8 settembre 2007 era un sabato pomeriggio. Grillo arriva a Bologna in una piazza Maggiore piena, senza vessilli, in maggioranza sono giovani, in larga parte di sinistra e delusi dal governo di centro sinistra (premier Romano Prodi) in quel momento al potere.

Sono anni che quella piazza non è così gremita. Altre 200 piazze sono collegate con Bologna: come mai tante persone? Attrazione per una kermesse gratuita di oltre due ore e mezzo o qualcosa di più?

Rispetto ai partiti, Beppe Grillo è l’unico che simula una rifondazione della cittadinanza partendo dalla rete (“Uno vale uno” si dirà più avanti), l’unico che cerca una partecipazione attiva su proposte concrete: parlamento pulito in nome della legalità, acqua pubblica (poi declinato nella tutela dei beni comuni contro le privatizzazioni), stop agli inceneritori, Wi-Fi gratuito, rispetto delle leggi sull’assegnazione delle frequenze per le telecomunicazioni.

Sono temi sufficienti per attrarre l’interesse di tante persone? Sì, ma c’è dell’altro. Dal 2005 Grillo è diventato un blogger di successo, spesso il suo sito non risulta raggiungibile per sovraffollamento di contatti. Gestire un blog, in questa fase, significa far da contrappunto ai media tradizionali, offrire notizie che gli altri non hanno o non vogliono dare.

Un tema ricorrente nei suoi interventi (anche prima del blog) è la critica al sistema finanziario, all’assenza di trasparenza delle banche, argomenti che investono la vita quotidiana di centinaia di migliaia di persone e che sono stati tralasciati dai partiti di sinistra. Non sono sparate nel mucchio: Grillo aveva denunciato la cattiva gestione della Parmalat, prima che scoppiasse lo scandalo alla fine del 2006.

Impetuoso, collerico, eccessivo nella sua indole di autore satirico, ma anche un personaggio che riesce a rendersi credibile arrivando, in occasione di quel primo Vaffa day, a mobilitare via web migliaia di volontari (con la piattaforma Meetup nata per favorire l’incontro fra i lettori del blog di Beppe Grillo) che contribuiscono alla riuscita di quel raduno e a quello successivo di Torino, il 25 aprile 2008.

Nel non scontato passaggio dal web alla piazza, Grillo intercetta il crescente malessere di chi non si sente più rappresentato dalla politica tradizionale. Tra i provvedimenti che più fanno arrabbiare gli elettori del centrosinistra, la legge sull’indulto che ottenendo una larga approvazione bipartisan (con i soli voti contrari di Italia dei valori, An e Lega) libera 12.237 detenuti. Il testo appare subito a tutti un regalo del centrosinistra a Silvio Berlusconi e, in particolare, a uno dei suoi più stretti collaboratori, Cesare Previti, condannato in via definitiva per il processo Imi-Sir. Una curiosa coincidenza vede legata la condanna di Previti al sollecito iter parlamentare sull’indulto, peraltro assente nei programmi elettorali di centrodestra e centro sinistra del 2006.

Il provvedimento appare lo specchio dell’autoassoluzione di una classe politica afflitta dalle leggi ad personam (fra le tante il decreto “salva Rete Quattro” del dicembre 2003 – governo Berlusconi due) che non sembra avvertire come priorità il problema della corruzione e del conflitto di interessi.

Il vaffa day punta a trasformare la delegittimazione in proposta. Si raccolgono 336.000 firme a sostegno di tre leggi di iniziativa popolare per escludere i condannati in via definitiva dal parlamento, per la reintroduzione delle preferenze e per il limite di due mandati elettorali per i deputati (quest’ultimo provvedimento già sollecitato ai tempi di Tangentopoli da La Rete). Le tre proposte di legge non sono poi state prese in considerazione dalle Camere.

Una sordità dei partiti a riformare e ad autoriformarsi che, unito agli effetti della crisi economica, lascia ampi spazi politici a quello che, a fine 2009, diventa il Movimento 5 stelle capace alle elezioni del 2013 di disarticolare il sistema politico ottenendo il 25,5% con circa 8.700.000 voti.

Da qui parte un’altra storia, interna al movimento, che segna l’enorme difficoltà a realizzare una democrazia partecipativa e a trovare sintesi capaci di tenere uniti orientamenti diversi. È emerso un deficit di cultura politica, sorretto quantomeno da un’attenzione verso il tema dell’onestà che in altri paesi è un requisito posseduto a priori e non un programma politico. Un’onestà nella gestione delle risorse che potrebbe completarsi ammettendo limiti ed errori. Renderebbe l’opinione pubblica meno insofferente e rispetterebbe lo spirito di quella piazza, dieci anni fa.

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