Cronaca

Defend Europe minaccia i giornalisti. Cari razzisti del mare, Andrea Palladino non è solo

Il dibattito, molto importante e complesso, sul ruolo delle ong nella gestione del flusso di migranti nel Mediterraneo è talvolta avvelenato da politici cinici che cercano voti predicando odio e da alcuni soggetti oscuri che seguono agende poco chiare. Soggetti come Defend Europe, l’associazione di destra identitaria che ha armato la nave C-Star in funzione anti-ong.

Gian Marco Concas, un ex ufficiale di Marina responsabile tecnico della missione, si è prodotto in un messaggio via Facebook, una lettera di insulti e di minacce assai poco velate ad Andrea Palladino, bravo giornalista d’inchiesta che scrive anche per il Fatto Quotidiano, colpevole di aver scritto una serie di articoli per Famiglia Cristiana su Defend Europe e sulle opacità di questa strana missione. Questo signor Concas si produce in una serie di allusioni che hanno come scopo screditare Palladino e indicare una sua presunta solitudine, quasi a dire che è lui l’anello debole da colpire (“lasciano indietro alcuni dei propri uomini, i più ingenui, i sacrificabili”… “Apprendisti galoppini” ecc.).

La caratura di questo Concas si misura dalle sue burocratiche metafore belliche per raccontare non si sa quale guerra combattuta dai giornali contro Defend Europe, dalle sue pause che vorrebbero essere teatrali, dai giochi di parole, dalle pose e dalle musichette marziali in chiusura del video. E basta guardare i video di propaganda di Generazione Identitaria per cogliere il lato ridicolo di queste iniziative, uomini adulti con magliette attillate cui piace giocare a fare i soldati, con qualche flessione e qualche corsa nei campi, in virile cameratismo da film di guerra americano. Ma questo attacco a Palladino si è poi diffuso in altri blog di destra, che riprendono le parole d’ordine di Concas e le diffondono. E quindi è giusto chiarire che Palladino non è affatto solo come questi figuri lo raccontano, che non c’è alcun “sistema” che lo ha scaricato.

Dietro al folklore antistorico di questi nuovi razzisti spaventati, si intravedono poi interessi economici. Nei suoi articoli Palladino ha trovato diversi collegamenti tra Defend Europe e società di contractor private, specialisti della sicurezza che potrebbero aver adocchiato il business dei migranti (sappiamo in Italia che l’accoglienza ha attirato il peggio delle cooperative, quindi non c’è da stupirsi). La stessa nave C-Star è di proprietà di un gruppo inglese attivo nel settore della sicurezza marittima, The Marshals Group.

Sono tanti i punti poco chiari in questa storia. A cominciare da cosa voglia fare la C-Star. Basta guardare il sito della missione Defend Europe per misurare l’opacità di questa iniziativa: “Vogliamo lanciare una missione di ricerca e soccorso identitaria” e lo scopo è “documentare quello che fanno le ong, dimostrare la loro collaborazione con i trafficanti e intervenire se fanno qualcosa di illegale”. E ancora, “vogliamo raggiungere la guardia costiera libica e offrire il nostro aiuto come nave da ricognizione”.

Ora, se il lavoro delle ong in Libia poteva avere qualche effetto collaterale – e lo aveva sicuramente – nell’agevolare il lavoro dei trafficanti, non si capisce perché questi dilettanti del mare dovrebbero migliorare la situazione. Come tutte le “ronde” di quartiere che la Lega ha ispirato negli anni, nel migliore dei casi sarà una innocua scampagnata di gente in cerca di compagnia, nel peggiore un ostacolo a chi deve fare cose serie, che sia la Guardia costiera libica o le navi delle  missioni militari europee. I video sulla pagina Facebook sono abbastanza buffi: gli “identitari” dicono alle navi delle ong: “Attenzione, vi stiamo osservando, siete un fattore attrattivo per gli scafisti”. E le ong che rispondono: “Ok, abbiamo capito”. Fine.

Defend Europe ha raccolto finora 226.628 euro da 3600 persone. Soldi sprecati, almeno finora, visto che la missione Defend Europe – tra avarie del motore della nave e svolte politico-giudiziarie in Italia che hanno ridotto la presenza di Ong intorno alla Libia – non sembra destinata a lasciare altra traccia di sé che qualche post virulento su Facebook.

Caro Gian Marco Concas, il collega Andrea Palladino continuerà a essere uno stimato giornalista di inchiesta anche quando voi “identitari”, con le vostre goliardate marittime, sarete tornati nell’indifferenza che meritano queste vostre iniziative.