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Renato Squillante morto: il magistrato coinvolto nell’inchiesta sulle sentenze Sme e Imi-Sir. La Cassazione lo assolse

La Suprema Corta stabilì che la sua fu "intermediazione tra privati". In primo e secondo grado era stato condannato a 8 e 7 anni per corruzione in atti giudiziari. Sul Messaggero i saluti dei familiari e Stefania Craxi
Renato Squillante morto: il magistrato coinvolto nell’inchiesta sulle sentenze Sme e Imi-Sir. La Cassazione lo assolse
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È morto il giudice Renato Squillante, coinvolto nell’inchiesta sulle sentenze Sme e Imi-Sir. Il magistrato, nato a Napoli, aveva 92 anni. La notizia è stata data con un necrologio sul quotidiano Messaggero dai suoi familiari. Sul giornale romano è comparso anche un messaggio di Stefania Craxi, figlia dell’ex presidente del consiglio Bettino.

Squillante venne condannato in primo grado a 8 anni per corruzione in atti giudiziari, poi ridotti a 7 in appello. La sentenza venne ribaltata dalla Cassazione nel 2006 che configurò il suo ruolo come “intermediazione tra privati”. La vicenda ruota attorno alla vendita all’imprenditore Rovelli e poi alla acquisizione da parte di Silvio Berlusconi di un comparto dell’ex Iri, a discapito del gruppo De Benedetti.

I giudici di primo grado avevano ricostruito che Squillante aveva convinto l’avvocato Francesco Berlinguer, conoscente di un giudice della Cassazione chiamato a pronunciarsi sulla cessione dell’ex Iri, ad attivarsi per intercedere sul magistrato. La causa, due anni più tardi, viene vinta dai Rovelli e vengono rintracciati pagamenti estero su estero a Cesare Previti e ad altri avvocati. Sul conto di Squillante arriva in contanti oltre mezzo miliardo di lire. Questi fatti portano alla sua condanna in primo e secondo grado.

Ma, secondo la Cassazione che lo assolse, il magistrato napoletano favorì effettivamente quegli incontri e ne ottenne un vantaggio economico, ma i fatti erano inquadrabili come un “tentativo di intermediazione tra privati” e non “collegata con l’attività funzionale da lui esplicata”. Qualcosa di “esecrabile”, concluse la Suprema corte, ma non corruzione.

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