Fondi comunitari destinati a progetti per gli anziani? All’Asp di Catanzaro venivano spesi per viaggi all’estero dove il dirigente si portava anche la famiglia. Il blitz è scattato stamattina all’alba quando la guardia di finanza si è presentata all’Azienda sanitaria provinciale per arrestare due persone accusate di peculato. Le fiamme gialle hanno notificato avvisi di garanzia ad altri sette indagati, tra dirigenti e funzionari, che dovranno rispondere di concorso in peculato e favoreggiamento personale. Su richiesta del procuratore Nicola Gratteri, dell’aggiunto Giovanni Bombardieri e del sostituto Fabiana Rapino, inoltre, il gip ha disposto il sequestro di oltre 300mila euro. Nell’operazione “Stop and go”, che prende il nome dal progetto co-finanzianto dalla Commissione europea e dedicato agli anziani, sono indagati complessivamente 12 dipendenti pubblici in servizio all’Asp di Catanzaro.

In Calabria dovevano arrivare 760mila euro che sarebbero serviti a migliorare il sistema di forniture pubbliche di beni e servizi socio-sanitari a beneficio della popolazione anziana. Quasi un miliardo e mezzo di vecchie lire che avrebbero garantito l’approvvigionamento di servizi potenziati dalla telemedicina e dalla domotica. In sostanza, se quei soldi fossero stati spesi per la ragione per la quale sono stati erogati, gli anziani della provincia di Catanzaro avrebbero potuto godere di sistemi domiciliari più tecnologici nel settore del sostegno sanitario e salvavita. Nulla di tutto questo, però, è avvenuto perché i dirigenti dell’Asp oggi indagati avrebbero svolto solo una consultazione di mercato ai fini esplorativi e, una volta ottenuti 300mila euro come anticipo del finanziamento, li avrebbero spesi per fittizi emolumenti e “fuori busta”.

Agli arresti domiciliari sono finiti il dirigente Giuseppe Romano, responsabile unico e referente del progetto per l’Asp di Catanzaro, e il dipendente Ieso Rocca. Quest’ultimo, addetto al sistema informatico aziendale, avrebbe aiutato il dirigente Romano a ottenere per sé e per altri dieci indagati, la liquidazione di ingenti indennità non dovute. Soldi che venivano presi dai finanziamenti europei destinati agli anziani. Il gip ha emesso anche 7 misure interdittive nei confronti di Maurizio Rocca, Francesco Francavilla, Francesco Grillone, Silvia Lanatà, Dario Marino, Giuseppe Fazio e Giuseppe Pugliese. Per il procuratore Nicola Gratteri, “i fondi destinati all’assistenza domiciliare agli anziani sono stati rubati in modo scientifico e cinico. Addirittura uno degli indagati con questi fondi ha portato tutta la famiglia in Spagna a villeggiare”.

A Barcellona, infatti, il dirigente Giuseppe Romano ci ha portato anche la moglie e i suoi tre figli. Nella nota spese, oltre al viaggio aereo per cinque persone, l’indagato ha inserito il pernottamento, indumenti, accessori per adolescenti, una borsetta e anche il parcheggio dell’auto all’aeroporto di Lamezia Terme. Il progetto “Stop and go” era diventato una sorta di “pozzo di San Patrizio” dal quale attingere anche per le missioni a Roma e a Bruxelles. Secondo il procuratore aggiunto Giovanni Bombardieri, negli uffici dell’Asp di Catanzaro, “accanto alla documentazione ufficiale esisteva una documentazione ufficiosa. Veniva presentata una rendicontazione artefatta per poter lucrare su delle spese che in realtà erano di gran lunga inferiori. Gli indagati si sono distinti per l’incapacità non solo nella realizzazione di un contributo quanto per la sottrazione di fondi che avveniva in maniera spudorata”.

Durante la conferenza stampa per illustrare i dettagli della seconda inchiesta nel giro di una settimana sulla malagestione della sanità calabrese (nei giorni scorsi sono state arrestate 9 persone tra medici, infermieri e oss che maltrattavano una malata di Sla in una clinica privata), il procuratore Gratteri non le ha mandate a dire: “Si tratta delle tasse della gente, di fondi europei destinati a migliorare la qualità della vita di malati anziani a casa, persone bisognose che non avevano i soldi per curarsi. E chi ha rubato così deve andare in carcere, non agli arresti domiciliari”. Uno sfogo quello del magistrato che aveva chiesto la misura cautelare in carcere per tre indagati e i domiciliari per altri tre.

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