Contestualmente alle notizie di cronaca che raccontano dei continui sbarchi di migranti – che stanno portando il sistema di accoglienza italiano al collasso – e alle denunce di un umanitarismo allo sbaraglio e disorganizzato, c’è anche un’altra realtà, fatta di iniziative locali e che merita di essere raccontata.

La Sardegna, recentemente al centro dello scandalo per le strutture turistiche a rischio fallimento che, convertite in centri d’accoglienza, si sono risollevate grazie al business degli migranti (trattati in modo inumano), è allo stesso tempo lo scenario di sperimentazioni di politiche per l’accoglienza degne di attenzione.

“Territori e culture in movimento” è un progetto sperimentale sull’interculturalità, ideato e coordinato da Silvia Serreli, professore associato in Pianificazione territoriale presso l’Università di Sassari . Il progetto fa parte di quelle Utopie realizzabili, per citare il libro-manifesto dell’architetto e urbanista ungherese Yona Friedman che, attraverso la creazione di gruppi e piccole comunità, sviluppano progetti in modo autonomo, condividendo i valori della convivialità e della solidarietà urbana, nel raggiungimento di una città “preferibile”.

“Territori e culture in movimento” rappresenta quindi un ambito di ricerca che indica soluzioni compatibili con lo stato di necessità della città contemporanea, interpretando potenzialità e conflitti del fenomeno delle migrazioni cosiddette “dell’emergenza”, con soluzioni che possano ridurre il conflitto, favorire l’integrazione e l’accoglienza. Il progetto è stato approvato e sottoscritto nel gennaio 2016 da enti locali, università, scuola, associazioni culturali e cooperative sociali, con i quali l’amministrazione comunale di Alghero, nel perseguire una visione lungimirante della città per tutti, ha avviato numerosi progetti, superando il concetto di “integrazione”, per favorire forme di “reciprocità” tra residenti e migranti. In quale modo?

La costituzione di un piccolo centro di accoglienza temporaneo in prossimità del nucleo urbano di Fertilia (una frazione di duemila abitanti del comune di Alghero ) in cui sono ospitati 60 ragazzi e ragazze provenienti dall’Africa subsahariana e del nord e dal Bangladesh, così come la presenza di uno Sprar che ospita 20 ragazzi in appartamenti diffusi del centro urbano, invece di rappresentare un “problema”, ha rappresentato un’ opportunità per realizzare numerose attività formative, ludiche e di conoscenza reciproca tra i cittadini e i migranti, offrendo prospettive di inclusione per coloro che vorranno essere i nuovi cittadini di Alghero.

Il percorso di accoglienza dei giovani migranti nel tessuto sociale e produttivo di una città è solitamente accidentato: esso si articola per lo più tra la diffidenza e l’indifferenza dei residenti. Ma le esperienze condotte dalla rete inter-istituzionale hanno consentito di individuare due direzioni che facilitano l’accoglienza dei giovani cittadini migranti: lavorare con i bambini, rendere i cittadini protagonisti di eventi artistici. I bambini e gli artisti hanno aperto dei varchi inaspettati che superano pregiudizi e indifferenza.

Tra le attività proposte dal progetto Territori e culture in movimento si è recentemente concluso il workshop internazionale di autocostruzione collettiva a Fertilia, proposto dal dipartimento di Architettura, design e urbanistica dell’Università di Sassari coordinato da Silvia Serreli con Jorge Lobos (fondatore di Emergency architecture & Human rights, Denmark, e responsabile scientifico del primo master in Italia sulle Strategie per l’ emergenza umanitaria) che ha avuto come obiettivo la sperimentazione di azioni di rigenerazione urbana degli spazi pubblici e di uso collettivo.

Destinatari di tale proposta gli abitanti di Fertilia, i ragazzi dei centri temporanei di prima e seconda accoglienza per migranti di Alghero, l’istituto comprensivo scolastico di Fertilia, gli studenti della facoltà di Architettura di Alghero, tutti partecipanti del workshop. Questo straordinario laboratorio di conoscenza ha proposto pratiche di autocostruzione ed eventi artistici che riguardano il senso dell’abitare: abitanti e nuovi cittadini diventano interpreti di un progetto di innovazione sociale, ponendosi come agenti del cambiamento.

Tra questi, il progetto, dal costo irrisorio (poco meno di mille euro), per la realizzazione di un’area d’ incontro nella piccola pineta di Fertilia. Si tratta di un intervento essenziale: un circolo che cita l’area gioco Zeedijk ad Amsterdam (1955 – 1956) dell’architetto olandese Aldo Van Eyck e che dimostra come definire un’area con una volontà progettuale produca uno spazio di interesse.

La realizzazione di questo piccolo progetto è la rappresentazione concreta di come la condivisione di momenti di confronto sul tema dell’interculturalità consenta di riaffermare valori come la convivialità urbana, il senso di appartenenza, la qualità dello spazio fisico, la capacità della città di riconfigurarsi costantemente nel cambiamento proposto dalla nostra contemporaneità.

Fotografie di Roberta Filippelli

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