Centrodestra unito e centrosinistra diviso? Uno scenario non impossibile, almeno nel Lazio. Quello che molti hanno letto come un endorsement di Beppe Grillo a Roberta Lombardi, in vista delle candidatura alla presidenza della Regione che ospita la Capitale, ha scatenato i partiti e i leader politici romani, i quali subito dopo l’estate dovranno sciogliere il nodo e iniziare il percorso verso le regionali 2018. A sinistra, in particolare, la faida dei “renziani contro tutti”, rischia di spaccare a metà la coalizione che ha guidato l’Ente – senza grossi affanni – negli ultimi cinque anni. Tutto dipenderà dalla decisione che prenderà il governatore uscente, Nicola Zingaretti, il quale formalmente ha già comunicato di volersi ricandidare, ma in realtà nutre ancora diversi dubbi, determinati da dinamiche personali e soprattutto dagli scenari politici in continua evoluzione all’interno del Pd. Alle primarie nazionali, Zingaretti ha votato per Andrea Orlando e, nel giorno clou della spaccatura fra Matteo Renzi e gli altri capi corrente del Pd (quello della “tenda” di Romano Prodi, per intenderci), si è unito senza indugio al coro di critiche verso il segretario. Insomma, uno che al leader fiorentino non è mai stato simpatico – la cosa sembrerebbe reciproca – ma che non è stato ancora inserito nel girone dei “gufi” per via della sua forte influenza sulle dinamiche del Pd romano.

L’ALTERNATIVA A ZINGARETTI? SOLO LA SCISSIONE
È evidente che se Zingaretti decidesse – definitivamente – di ricandidarsi, anche i renziani più accaniti dovrebbero capitolare e sostenere l’esponente orlandiano. Se ciò non dovesse accadere, tuttavia, le parti stanno già lavorando al piano B. Da un lato, il patto fra i turborenziani, gli orfiniani e i popolari potrebbe portare alla candidatura di Lorenza Bonaccorsi, renziana della prima ora e persona molto influente nel Pd romano, o del sempreverde Enrico Gasbarra, già vicesindaco di Roma con Walter Veltroni e presidente della Provincia prima di Zingaretti (tramontata invece l’ipotesi Lorenzin). In vista di questo scenario, a sinistra stanno già preparando una candidatura “arancione” che dovrebbe avere il volto di Massimiliano Smeriglio, attuale vice di Zingaretti in Regione, iscritto ad Articolo 1 Mdp ma fino a pochi mesi fa uomo forte e capo corrente di Sel a Roma. E a quel punto sarebbe solo una gara di virilità interna, perché le chance di vittoria si ridurrebbero notevolmente. Motivo per il quale chi ci tiene veramente a non perdere la Regione Lazio per i prossimi 5 anni non fa altro che leggere giornalmente all’attuale governatore la lista dei “pro”, indicandogli le scarse alternative di un futuro politico lontano dalla Pisana.

CENTRODESTRA: SE NON C’È PIROZZI, CORSA RAMPELLI-FAZZONE
Al contrario, il centrodestra nel Lazio è decisissimo ad andare unito. Entro la fine dell’anno rientreranno in Forza Italia anche gli “esuli” di Ncd (ora Alternativa Popolare). In più, i rapporti con Fratelli d’Italia e gli altri ex Msi che hanno dato vita a Noi Con Salvini non sembrano mai essere stati migliori. La banale logica politica consiglierebbe di far correre il sindaco di Amatrice, Sergio Pirozzi, la cui popolarità nel corso dei mesi è cresciuta tanto da diventare persino un ostacolo, visto che l’ex allenatore del Trastevere Calcio ora potrebbe mirare a un posto in Senato, portandosi dietro i voti delle aree terremotate (e non solo). Pirozzi, tra l’altro, non ha ancora vestito una casacca politica precisa, è legato da una profonda amicizia ai leader di Fdi, Giorgia Meloni e Fabio Rampelli, ma ha dimostrato stima anche verso Silvio Berlusconi e, udite udite, Matteo Renzi. Indiscrezioni mai confermate, tra l’altro, parlano addirittura di una candidatura offerta dall’attuale segretario del Pd al sindaco amatriciano, gentilmente declinata in virtù di una non nascosta “incompatibilità ideologica”. L’alternativa a Pirozzi? I due nomi sul tavolo sono quelli del fondatore di Fdi, Fabio Rampelli, e del senatore forzista Claudio Fazzone. Quest’ultimo è legatissimo al presidente del Parlamento Europeo, Antonio Tajani – l’uomo forte di Forza Italia a Roma – è stato sindaco di Fondi e presidente del Consiglio Regionale: un campione di voti su cui però pesa il coinvolgimento in alcune inchieste che potrebbero renderlo politicamente attaccabile. È per questo che l’ala moderata della (ri)nascente coalizione ha proposto anche un altro nome, quello dell’ex sottosegretario Francesco Giro.

IL M5S IN POLE POSITION?
Ovvio che, nonostante la mezza debacle alle ultime amministrative, uno scenario in cui ci fosse il contemporaneo forfait di Zingaretti e Pirozzi assegnerebbe alla pentastellata Roberta Lombardi il ruolo di favorita nella corsa alla Regione Lazio. Anche perché il M5s per la prima volta proporrebbe addirittura il leader più conosciuto a livello mediatico. L’ipotetica “benedizione” di Grillo, ovviamente, sarebbe una mano tesa alla componente ortodossa, che fin qui ha dato (e sta dando) filo da torcere a Virginia Raggi in Campidoglio. L’attuale deputata non dovrebbe neppure superare l’imbarazzo di interrompere il suo mandato in Parlamento, visto che la fine della legislatura nazionale coinciderebbe con l’inizio di quella alla Pisana. L’unico “ostacolo” da superare è quello delle parlamentarie, le primarie online del M5s a cui si possono iscrivere potenzialmente decine di candidati, con diversi turni di votazione. Delle “forche caudine” che nel 2016 in Campidoglio hanno visto capitolare perfino mister preferenze Marcello De Vito, candidato sindaco dei 5 Stelle appena tre anni prima.

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