Stato di emergenza a Parma e Piacenza, il fiume Po ai minimi storici in Piemonte, lo stato di calamità in Sardegna: la siccità è un’emergenza praticamente in tutta Italia. La causa sono le scarse precipitazioni e le temperature elevate. Regioni e Comuni hanno preso già provvedimenti, ma – come ha scritto ilfatto.it nei giorni scorsi – chiedono che sia il governo a assumere decisioni in materia. La scorsa settimana era stato il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi a dichiarare lo stato d’emergenza, mentre da tempo in Sardegna si osservano turni tra gli agricoltori. E’ notizia di oggi, invece, che il consiglio dei ministri, su proposta del presidente Paolo Gentiloni, ha dichiarato lo stato d’emergenza nelle province di Parma e Piacenza. Alle due Province arriveranno 8 milioni e 650mila euro per affrontare l’emergenza con ulteriori deroghe alle norme nazionali per assicurare la fornitura di acqua potabile alla popolazione (anche mediante autobotti). In alcune zone del Piacentino e del Parmense sono già in funzione le autobotti per rifornire alcune zone dell’acqua potabile.

Nel frattempo la Regione Sardegna ha consegnato al ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina la richiesta di dichiarazione dello stato di calamità naturale per il protrarsi della crisi d’acqua in tutta l’isola. Il documento è stato presentato dall’assessore dell’Agricoltura, Pier Luigi Caria. “Affrontare questo percorso al fianco di altre Regioni non può che rafforzare la richiesta di stato di calamità” ha sottolineato Caria. A Roma, invece, la sindaca Virginia Raggi ha firmato un’ordinanza per regolamentare l’uso dell’acqua potabile per scopi diversi da quelli domestici per salvaguardare le acque del lago di Bracciano. Tra l’altro lo sfruttamento dell’acqua del lago aveva suscitato le proteste delle comunità della zona. Oggetto dell’ordinanza della Raggi soprattutto l’irrigazione di orti e giardini, il lavaggio di automobili e gli usi ricreativi, come il riempimento delle piscine fino a settembre.

Ma come detto la mancanza di piogge affligge anche le riserve idriche del Nord Italia, facendo scendere il bacino del Po al di sotto della media storica. Lo rileva Arpa Piemonte, l’Agenzia regionale per la protezione ambientale: le portate osservate all’idrometro di Isola Sant’Antonio, ad Alessandria, si aggirano intorno a 204 mc/sec, circa il 65 per cento in meno del valore medio mensile storico calcolato per il periodo 1995-2015. Le riserve idriche disponibili, sempre secondo Arpa, sono stimate in circa 233 milioni di metri cubi, cioè il 60 per cento della capacità massima complessiva.

La siccità, specifica il ministero dell’Ambiente, riguarda in Italia “i bacini idrografici padano e delle Alpi orientali, nonché il lago di Bracciano nel Lazio e la Sardegna“. La situazione, spiega una nota, viene monitorata costantemente dagli osservatori distrettuali permanenti. Nell’Italia centrale, si legge tra l’altro, “la situazione più delicata è certamente quella che coinvolge la città di Roma ed i comuni limitrofi, collegata, in particolare, con la condizione del lago di Bracciano, il cui livello, a fine maggio, era di +5 cm sullo zero idrometrico”. In Sardegna è record dal 1922, anno in cui sono cominciate le osservazioni. “I tre mesi marzo-aprile-maggio fanno registrare deficit intorno al 70 per cento per tutte le aree, con punte prossime al 90 per Gallura e Flumendosa“.

Secondo la Coldiretti le anomalie climatiche della prima parte del 2017 hanno già provocato alle coltivazioni e agli allevamenti danni per quasi un miliardo di euro. In particolare in Emilia sono in sofferenza tutte le colture dal pomodoro ai cereali, in Lombardia stessa situazione il caldo sta provocando un taglio fino al 20 per cento della produzione di latte,  in Veneto la vendemmia potrebbe essere anticipata di almeno una settimana, in Toscana scarseggiano anche i foraggi per il bestiame e crolla la produzione di miele, in Sicilia gli invasi sono a secco e c’è la necessità di anticipare l’inizio della stagione irrigua negli agrumeti.

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Siccità, allarme in tutta Italia: il Paese dove gli acquedotti perdono il 40 per cento di acqua (e soprattutto al Sud)

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