di Alessandra Maino *

Il 5 giugno 2016 è entrata in vigore la legge n. 76/2016, meglio nota come legge Cirinnà e oggi, ad un anno di distanza e dati alla mano, risulta che siano circa 2.802 le unioni civili registrate nei Comuni italiani.

Nonostante qualcuno abbia parlato di flop, occorre considerare che solo a gennaio 2017 sono stati emanati i primi decreti attuativi. Questi decreti hanno fornito chiarimenti in tema di registrazioni delle unioni civili e riordinato e armonizzato rispetto alla nuova normativa alcune disposizioni di diritto penale e internazionale privato.

Non bisogna poi dimenticare che stiamo vivendo in un’epoca di grandi cambiamenti e se la strada percorsa per arrivare all’approvazione della legge è stata lunga e tortuosa, allo stesso modo la libertà di esercitare i propri diritti, anche per le persone omosessuali, si scontra ancora oggi con una realtà in cui è ancora difficile contrastare le discriminazioni sui luoghi di lavoro.

Di fronte a eventuali nuove forme di discriminazione, basate proprio sull’unione civile/coppie di fatto e che si rifletteranno anche sul rapporto di lavoro, le forme di tutela saranno comunque quelle volte alla rimozione delle discriminazioni e al risarcimento del danno (si pensi ad esempio a possibili condotte moleste nei riguardi del lavoratore unito civilmente che beneficia della legge 104 per assistere il compagno).

Ma vediamo brevemente quali sono gli effetti della nuova disciplina delle unioni civili (tra omosessuali) e della convivenza di fatto (tra persone sia eterosessuali, sia omossessuali, non sposate) nello svolgimento del rapporto di lavoro, anche in ragione dell’estensione prevista dall’art. 20 L. 76/2016. La norma in questione prevede, infatti, che tutte le disposizioni normative, regolamentari o amministrative richiamate dalla legge n. 76/16 (tra cui quelle in materia giuslavoristica, previdenziale e assistenziale), che contengono la parola “coniuge”, devono intendersi riferite ad ognuna delle parti dell’unione civile.

In primo luogo la legge 76/2016 estende direttamente agli uniti civilmente la corresponsione delle indennità degli articoli 2118 (indennità di preavviso) e 2120 (Tfr) codice civile, in caso di morte dei uno dei partner dell’unione, all’altro partner. Anche all’unito divorziato, se titolare di assegno divorzile, spetterà una percentuale pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con l’unione civile.

Il lavoratore unito civilmente può poi usufruire di diritti tipicamente assistenziali riconosciuti al “coniuge” e come tale potrà assentarsi dal lavoro senza perdere la retribuzione per garantire al proprio partner le cure necessarie. Il riconoscimento giuridico delle persone unite civilmente comporta che possano  a loro volta beneficiare dei permessi 104 per assistere il compagno o la compagna, oltre al congedo straordinario fruibile fino a due anni.

Anche i conviventi di fatto, come gli uniti civilmente, potranno usufruire dei soli permessi ex art. 33 l. 104/1992 – ma non del congedo biennale – oltre che del permesso retribuito di tre giorni ex art. 4 comma 1 legge 53/2000 in caso di decesso o di grave e documentata infermità del coniuge.  Sia per gli uniti sia per i conviventi è poi prevista la possibilità di godimento del congedo di due anni nel caso di “gravi e documentati motivi famigliari”; da intendersi come gravi motivi quelli legali al decesso, a malattia o tossicodipendenza della persona unita civilmente partner ovvero di un familiare del partner.

Il senso della legge Cirinnà e dell’art. 35 D.lgs. 198/2006 è anche quello di estendere il divieto di licenziamento nell’anno successivo alla celebrazione del matrimonio anche alle unioni civili.

Ancora, alla luce delle modifiche apportate dalla legge Fornero (con la successiva lett. b, del comma 20, dell’art. 1) anche l’unito civilmente ha oggi la facoltà di revocare il consenso alle clausole elastiche relative al part time per assistere il partner affetto da patologie oncologiche. Infine – contratti aziendali alla mano – sarà interessante verificare con attenzione se e cosa sia previsto a favore dei lavoratori conviventi di fatto in aggiunta a quanto previsto per coniugi e uniti civilmente.

La prassi e le interpretazioni giurisprudenziali stanno poi arricchendo questa disciplina tanto attesa, basti pensare all’adozione. L’istituto non ha trovato spazio nella legge, ma sul tema si sono già espresse le Corti di Appello di Trento e di Firenze e la Suprema Corte di Cassazione che hanno riconosciuto ad una coppia omossessuale l’adozione a tutela dell’interesse del minore.

Anche se la realtà con cui ci scontriamo oggi si caratterizza per precarietà e drastica riduzione delle tutele per i lavoratori, tutte le persone interessate dalla legge Cirinnà devono essere consapevoli dei propri diritti e degli strumenti per rivendicarli e esercitarli nel luogo di lavoro. Per questo l’approvazione della legge 76/2016 rappresenta un punto di partenza fondamentale per il nostro Paese e non mancheranno certamente interpretazioni estensive anche alla luce dei principi generali e del diritto antidiscriminatorio.

* Curiosa e attenta ai cambiamenti socio-economici, ho maturato la mia esperienza professionale, specializzandomi nel diritto del lavoro, in collaborazione con il principale sindacato italiano. Ho scelto di dedicarmi con impegno alla tutela dei lavoratori perché, come diceva Pellizza da Volpedo, credo che per rivendicare i propri diritti sia necessaria una “lotta serena, calma e ragionata”. Originaria di Vicenza, vivo e lavoro a Milano da oltre tre anni.

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