“Siamo dispiaciuti, amareggiati ma non sorpresi che oggi l’Unità non sia nelle edicole proprio nel giorno delle primarie del Pd, un appuntamento da sempre importante per la storia del giornale”. Lo scrive Piesse-L’Unità in una nota. L’editrice del quotidiano del Pd  respinge quindi le accuse di aver licenziato il direttore Marco Bucciantini e sostiene di essere da mesi “impegnata nel tentativo complesso di assicurare un futuro concreto e reale all’Unità”. Quindi attacca il corpo redazionale che sarebbe colpevole di “una arroccata battaglia di salvaguardia dei posti di lavoro, completamente avulsa dalla difficile realtà dell’editoria nazionale e dal mondo che li circonda, ad iniziare dalle copie vendute dal giornale e dal conto economico dell’azienda che, con tutti gli sforzi fatti finora per sopravvivere, è obbligata ad una non desiderata ristrutturazione per andare avanti. In più, a complicare le cose, ci si mettono anche le azioni di contrasto da parte di ex giornalisti della vecchia proprietà che si riverberano sulla gestione quotidiana”.

Non la pensa così il sindacato dei giornalisti, l’Fnsi che sabato in una nota aveva sottolineato come “gli editori dell’Unità hanno superato ogni limite. L’atteggiamento assunto nei confronti della redazione, alla quale va ribadito il sostegno della Fnsi, è inaccettabile e la decisione dei giornalisti di scioperare rappresenta l’unica reazione possibile all’arroganza della proprietà“. La redazione del quotidiano aveva annunciato lo sciopero venerdì scorso accusando la proprietà di aver “di fatto interrotto unilateralmente un confronto appena avviato con il cdr e con la Fnsi in vista della riduzione dei costi aziendali e del rilancio del quotidiano”. L’azienda, si leggeva in una nota, “ha comunicato l’intenzione di procedere al licenziamento di un numero di redattori vicino alle 20 unità a fronte di una redazione che, al momento, è composta da 28 unità”. “Per noi è arrivato il momento di dire basta e ricordare all’amministratore delegato Guido Stefanelli e all’editore Massimo Pessina che per tutelare i diritti calpestati esistono i luoghi deputati. In primis i tribunali”, era stata la conclusione.

Dopo alcuni giorni in un’altra not gli “ex giornalisti” così come citati da Piesse ha precisato che “non siamo ex giornalisti, ma giornalisti rimasti disoccupati dopo la ripresa delle pubblicazioni; e le nostre azioni giudiziarie non sono di contrasto al giornale, ma censurano le modalità con le quali la nuova proprietà ha scelto chi doveva far parte della nuova redazione e chi doveva esserne estromesso; modalità che qualche Tribunale ha già ritenuto illegittime e che ci hanno privato del nostro lavoro e del reddito”. “Chiediamo pertanto rispetto per le nostre professionalità e per le nostre azioni – continua il comunicato – che, come quelle dei colleghi dell’attuale redazione, tendono esclusivamente alla tutela del pluralismo dell’informazione, del nostro lavoro e del nostro reddito, che abbiamo persi un po’ prima di loro. Diffidiamo l’attuale proprietà dallo strumentalizzare le nostre legittime richieste, che peraltro conosceva da tempo, senza mai preoccuparsi di ricercare una soluzione. Ci riserviamo la facoltà di valutare, insieme ai nostri legali, eventuali azioni a nostra tutela, a fronte di dichiarazioni che riteniamo quantomai lesive e inopportune, anche per il delicato contesto aziendale e lavorativo nel quale sono state pronunciate”.

Aggiornato da Redazione web il 3 maggio 2017 alle 14.50

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