Un “daspo” di 2 mesi ai danni di 20 dipendenti della Roma Multiservizi, protagonisti in Campidoglio di una protesta troppo veemente contro il probabile spacchettamento della partecipata capitolina e i tagli al personale che ne potrebbero derivare. Il provvedimento – etichettato come “fascista” da alcuni esponenti dell’opposizione – è stato preso dal presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, il quale in sostanza ha firmato un decreto di esclusione dall’Aula Giulio Cesare per 60 giorni, periodo durante il quale i lavoratori identificati giovedì pomeriggio non potranno assistere ai lavori del Consiglio comunale e dovranno restare fuori da Palazzo Senatorio. La decisione di colui che fu “mister preferenze” alle ultime amministrative fa ancora più sensazione, se si pensa che esattamente tre anni fa – quando il M5S era all’opposizione della Giunta Pd guidata da Ignazio Marino – proprio De Vito, insieme all’attuale sindaca Virginia Raggi, a Daniele Frongia e a Enrico Stefano, si schierò rigidamente accanto ai lavoratori Multiservizi, condividendo con loro perfino l’occupazione prolungata (quasi una settimana) dell’Aula, dalla quale oggi beffardamente vengono banditi. “Non è una bella cosa, mi rendo conto – si è giustificato su Facebook il presidente dell’Assemblea – ma è un atto necessario. Non si può pensare ogni volta di fare irruzione in Aula ed imporre le proprie questioni, sovvertendo l’Ordine dei Lavori previsto”.

I FATTI – E’ giovedì pomeriggio e in Consiglio comunale si sta discutendo una delibera sui Piani di Zona, altro dramma della Capitale che interessa migliaia di famiglie. A un certo punto – come accade praticamente sempre durante le riunioni d’Aula – una ventina di persone si alza e incominciano a gridare e ad esporre cartelli: sono i lavoratori della Roma Multiservizi, che ormai da 3 anni presidiano quasi senza sosta il Campidoglio. Sembra il solito “cinema” a favore di fotografi e stampa, ma stavolta gli insulti sono diretti a Marcello De Vito. “C’hai fatto la campagna elettorale con noi”, “ti sei scordato di noi”, “buffone”, “hai fatto i soldi”, e via a cori conditi di parolacce ed epiteti irriguardosi. Una circostanza che ha fatto infuriare il presidente d’Aula, il quale ha sospeso i lavori del Consiglio ed ha chiesto agli agenti di Polizia Locale presenti di identificare i lavoratori e accompagnarli fuori da Palazzo Senatorio. Fin qui quasi la norma. Ma il giorno successivo ecco arrivare la decisione drastica. “Il presidente aveva chiesto ai lavoratori di scendere alla sala del Carroccio (posizionata all’ingresso del Campidoglio, ndr) per incontrare l’assessore Pinuccia Montanari e il segretario generale Franco Giampaoletti – spiegano dall’ufficio stampa dell’Assemblea Capitolina – ma questi si sono rifiutati. De Vito non si è assolutamente dimenticato dei lavoratori e, anzi, sta seguendo con scadenza quasi giornaliera quella che è una questione molto complessa ereditata dalle passate amministrazioni. Però bisogna avere rispetto delle istituzioni, nonostante la comprensibile esasperazione: in Aula si stava votando un provvedimento molto importante per i cittadini romani, è stata una mancanza di rispetto”. “Non era mai accaduta una cosa del genere – attacca invece Giuseppe Martelli, segretario Usi, fra i sindacati più attivi in Multiservizi – abbiamo presentato una petizione popolare con oltre 22.000 firme che De Vito si è sempre rifiutato di calendarizzare. Ecco perché i lavoratori ce l’hanno con lui”. Inviti – non raccolti – a ritirare il provvedimento sono arrivati dai consiglieri d’opposizione Andrea De Priamo (Fdi) e Stefano Fassina (Sinistra Italiana), mentre Alessandro Onorato (Lista Marchini) ha annunciato una “denuncia al Prefetto”.

IL CAOS MULTISERVIZI – Vale la pena contestualizzare e ricordare il limbo (e il dramma) in cui vivono oltre 4.000 lavoratori della Roma Multiservizi. Attualmente, la società è partecipata al 51% da Ama e al 49% della privata Manutencoop. La grande maggioranza dei dipendenti svolge mansioni come bidelli nelle scuole, addetti alle pulizie, operatori cimiteriali e manutentori delle aree verdi. L’amministrazione comunale ritiene di essere costretta, dal codice degli appalti e dalla Riforma Madia, a mettere a bando i servizi, decretando di fatto la fine dell’esperienza Multiservizi. Il problema vero sono i lavoratori. La grande anomalia è che queste persone hanno contratti di 3 o 5 ore, lavorandone in realtà 7 o 8 grazie ad un forte ricorso agli straordinari: questo permette ai dipendenti di passare da stipendi decisamente bassi pari a 350-400 euro a compensi perlomeno dignitosi, che comunque difficilmente superano gli 800-1000 euro.

Dunque, anche con l’applicazione al piano di dismissione della cosiddetta “clausola sociale”, i livelli occupazioni potrebbero non essere garantiti. Né queste persone possono rientrare, per via dei loro contratti, nella mobilità infragruppo prevista dalla Legge Madia. In termini di voti, il M5S ha attinto moltissimo da Multiservizi alle scorse amministrative, avendo cavalcato la protesta dei lavoratori contro l’ex sindaco Ignazio Marino, “reo” di aver proposto la stessa soluzione oggi paventata dalla giunta Raggi, la cosiddetta “gara a doppio oggetto”. Su Facebook, i dipendenti hanno riproposto un video del 2014 in cui proprio De Vito si scagliava proprio contro il chirurgo Dem; nella discussione sul social network è intervenuta l’ex assessora all’Ambiente, Paola Muraro, che ha commentato: “Hanno perso la memoria e le radici”. Muraro aveva promesso pubblicamente, il 4 ottobre 2016, che la Multiservizi sarebbe diventata una società di primo livello e poi sarebbe stata inglobata in Ama, fra gli applausi dei lavoratori, frase poi misteriosamente sparita dal verbale della seduta. Recentemente l’assessore Massimo Colomban, che sta mettendo a punto il piano sulla riduzione delle partecipate, ha parlato di “promesse avventate”, mentre l’attuale assessore all’Ambiente, Pinuccia Montanari, ha appena presentato il nuovo bando – diretto al mercato privato – per la manutenzione del verde pubblico.

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