Il caso Alitalia, se non altro, ci dà conferma di quanto già sapevamo e che, non di meno, stenta a farsi comprendere nell’epoca delle magnificate privatizzazioni e del competitivismo sans frontières: il privato è in grado di fare peggio del pubblico. Perfino peggio del pubblico in fase di assedio, di tagli e di continue offensive ad opera della ragione liberista oggi dominante e autoproclamatasi la sola legittima. Le infinite geremiadi contro il pubblico spendaccione e incapace, inefficiente e fallimentare cantate a reti unificate dai troppi soloni del privatismo a tutte le condizioni rivelano qui tutta la loro inconsistenza: ripeto, Alitalia ci mostra che il privato è capace di fare anche peggio. E che, di conseguenza, la privatizzazione senza residui non può essere la soluzione, con buona pace delle omelie dei bocconiani e del vangelo dei sacerdoti del mondialismo come nuova teologia della disuguaglianza sociale planetaria. Non è tutto.

La tragica vicenda legata ad Alitalia ci impartisce anche un’altra lezione, non meno importante della precedente. Siamo entrati, e non da ieri, in una inedita fase di capitalismo comunistico: un capitalismo che selvaggiamente privatizza gli utili e generosamente socializza le perdite. Con l’ovvia conseguenza che a subirne tutte le conseguenze sono, guarda caso, sempre i soliti noti, i subalterni e gli sconfitti della globalizzazione. In primis i lavoratori.

La Fiat è da diversi anni l’emblema di questo capitalismo comunista tutto a beneficio dei signori del competitivismo privatistico. La vecchia domanda leniniana – che fare? – torna più urgente che mai. La soluzione, la sola soluzione praticabile, che ovviamente sarà demonizzata dagli oligarchi del privatismo e dalla casta dei loro prezzolati oratores accademici, giornalistici e televisivi, è la seguente: nazionalizzazione della ditta. Riappropriazione sociale di ciò che apparteneva alla nazione italiana e che, affidato alle magnifiche cure del privato, è precipitato al suolo. Tutto il resto è chiacchiera politicamente corretta.

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