Dodici mesi. Questo è il tempo a disposizione del gruppo francese delle comunicazioni Vivendi per ridurre la propria quota in Mediaset, alla luce del fatto che la società di Vincent Bollorè detiene il controllo di fatto di Telecom. È quanto stabilito dall’Agcom, che con questa decisione (l’iter era partito dopo un esposto presentato dal Biscione) ha di fatto accertato l’influenza dominante di Vivendi nell’ex monopolista delle tlc, di cui ha il 23,9%. E sancito che il finanziere bretone non può, sulla base della legge Gasparri, detenere al tempo stesso il 29,9% dei diritti di voto nelle tv della famiglia Berlusconi (contro il 39,7% rimasto a Fininvest).

Si tratta della prima decisione dell’Agcom sulla parte della Gasparri relativa ai tetti di controllo nel settore media e telecomunicazioni. “La posizione della società Vivendi non risulta conforme alle prescrizioni di cui al comma 11 dell’articolo 43 del decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177, in ragione delle partecipazioni azionarie dalla stessa detenute nelle società Telecom Italia S.p.A. e Mediaset S.p.A”, scrive il garante delle comunicazioni. Di conseguenza “Vivendi è tenuta a presentare entro 60 giorni uno specifico piano d’azione che la società intende adottare per ottemperare all’ordine”. L’articolo 43 indica le competenze dell’Autorità nell’ambito del Sic, Sistema integrato delle comunicazioni: il riferimento è ai tetti anti-concentrazione sui volumi dei ricavi ai commi 9, 10 e 11. Lo scorso 15 dicembre, l’Agcom aveva segnalato che la normativa in vigore avrebbe potuto impedire le operazioni volte a concentrare il controllo di Telecom Italia, dove Vivendi è il primo azionista con il 24% circa, e Mediaset, nel cui capitale il gruppo francese è presente al 28% con il 29,9% dei diritti di voto. L’Autorità richiamava l’attenzione sul fatto che il Tusmar stabilisce un divieto al superamento dei tetti di controllo. In particolare l’Agcom ricordava che le imprese di comunicazioni elettroniche che detengono nel mercato italiano una quota superiore al 40%, non possono acquisire ricavi superiori al 10% del Sistema Integrato delle Comunicazioni, Sic (Tv, radio, editoria).

La decisione dell’Agcom è arrivata dopo la seduta del Consiglio che si è riunito nel tardo pomeriggio per esaminare ulteriormente le conclusioni dell’istruttoria aperta il 21 dicembre 2016 ai sensi dell’ art. 43, comma 11 del Tusmar. Con il provvedimento arrivato in serata è stato rispettato rispettato il termine fissato per la chiusura del dossier, pari a centoventi giorni (anche se c’era la possibilità di una proroga per ulteriori sessanta).

Immediata la reazione di Cologno Monzese: “Con il provvedimento odierno, l’Agcom ha accertato che Vivendi ha violato l’art. 43 del Tusmar, Testo unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici – hanno commentato – Mediaset esprime la propria soddisfazione e attende ovviamente di leggere il dispositivo per stabilire le azioni future”. A stretto giro di posta è arrivata anche la replica di Vivendi, che ha accolto “con sorpresa la decisione adottata dall’Agcom” e “si riserva di adottare ogni opportuna iniziativa in tutte le sedi competenti contro la decisione presa dall’Agcom per tutelare i propri interessi, inclusa la presentazione di un ricorso al Tar e di un esposto alla Commissione europea per segnalare la violazione di fondamentali principi del diritto Ue”.

Vivendi da parte sua “accoglie con sorpresa la decisione” e, ritenendo di aver “sempre operato nei limiti imposti dalla legge italiana e in particolare dalla legge Gasparri, anche per quel che riguarda la normativa vigente a tutela della concorrenza e del pluralismo nel settore dei media”, “si riserva di adottare ogni opportuna iniziativa in tutte le sedi competenti contro la decisione presa dall’AgCom per tutelare i propri interessi, inclusa la presentazione di un ricorso al Tar e di un esposto alla Commissione europea per segnalare la violazione di fondamentali principi del diritto UE”.

Sulla vicenda della scalata di Vivendi, anche la Consob aveva avviato sin dallo scorso dicembre accertamenti sulla base di un esposto di Fininvest per manipolazione del mercato e abuso di informazioni privilegiate. La Commissione aveva anche ascoltato le parti in causa ma per il momento gli accertamenti non sono arrivati ad una conclusione. Intanto lo scorso 24 febbraio era emersa un’iscrizione nel registro degli indagati dei vertici di Vivendi anche se questo “non significa in alcun modo nessuna accusa nei confronti di nessuno”, aveva spiegato il gruppo francese. L’indagine della Procura di Milano era scaturita da una denuncia per il reato di aggiotaggio.
Nonostante i toni aspri della querelle, in interviste e dichiarazioni l’ad di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, ha ribadito più volte che il gruppo continua a cercare un accordo (anche se ammette che ad oggi non c’è una interlocuzione) con Mediaset, dichiarandosi ottimista sulla possibilità che alla fine si giunga a un’intesa.

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