Cosa avrà pensato Joe Hart quando qualche giorno fa il presidente di Suzuki Italia Hiroshi Kawamura gli ha consegnato le chiavi di una Vitara S, la variante più dinamica della popolare sport utility giapponese? “Chissa se ci sto dentro…”, potrebbe essergli passato per la mente, visto che al numero uno del Torino Calcio (di cui Suzuki è sponsor) mancano una manciata di centimetri per arrivare ai due metri di altezza. Niente paura, spazio ce n’era in abbondanza per fortuna. Perché “guidare in posizione rialzata” non significa mica dover sbattere per forza la testa.

E comunque le misure contano solo se non ce le hai, diceva qualcuno. Ma anche l’ultima generazione di Vitara, la quarta, i cervelloni giapponesi sono riusciti a farla compatta e squadrata fuori ma grande dentro. Ci si poteva scommettere sopra, in effetti, visto che da quelle parti lo spazio è una risorsa e sprecarlo un’eresia.

Una “consegna” ereditata dal primo modello, siamo nel lontano 1988, che pure se era un fuoristrada a tre porte abbondantemente sotto i quattro metri di lunghezza, non lesinava in accoglienza. Il che spiega perché se ne sono viste così tante in giro per il mondo: il prodromo, per certi versi, del moderno suv da città.

Solo che allora il concetto di sport utility non era ancora maturo, e si parlava solo di fuoristrada. Pane per i denti di chi, come la casa di Hamamatsu, ha nelle vene le quattro ruote motrici, ma poi ha saputo adeguarsi ai tempi: in pochi, ormai, queste auto le “buttano” in mezzo a fango, buche, sassi e quant’altro. Dunque paga di più un sano bilanciamento tra prestazione e comodità.

C’è pure chi, come al solito, è andato oltre. Spogliando le proprie vetture della sostanza e lasciandogli solo l’aspetto di uno sport utility. Che poi, stringendo, è quello che va di moda. Non è certo il caso di Vitara, che semmai ha compiuto il cammino opposto aggiungendo contenuti stilistici a quelli tecnici. Basta lasciare il “rassicurante” asfalto e avventurarsi con lei su vie poco battute, per capire la differenza.

Tornando infine al nostro portierone inglese, forse non sa che in Giappone la Vitara viene da sempre venduta con il nome di Escudo. Che deriverà pure dalla moneta portoghese prima dell’avvento dell’euro, ma a uno che per mestiere deve evitare che il pallone entri in porta non può che far piacere. Qualcuno glielo dica.

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