Neanche il tempo di costituire un piccolo gruppo consiliare in Regione Toscana con la dalemiana Serena Spinelli e per il governatore Enrico Rossi è arrivata la prima polpetta avvelenata da parte dei renziani che gli hanno ricordato di essere ancora dipendente in aspettativa del Pd. Il segnale è arrivato dall’assemblea dei dem pisani: “Rossi avrà fatto pure la scissione, ma è ancora un dipendente nostro”, hanno detto scandalizzati. Compreso uno dei leader renziani toscani, il parlamentare Federico Gelli, responsabile sanità del Pd, che in tv ha sottolineato la “contraddizione di Rossi: se ne va dal Pd ma resta dipendente in aspettativa. Regolarizzi la posizione”, il succo del j’accuse del medico pisano che nel 2010 era in lizza per la presidenza della Regione. Ma l’amico Matteo Renzi, allora sindaco di Firenze, gli preferì Rossi. Un doppio manrovescio per Gelli: tra lui e Rossi i rapporti non sono stati mai idilliaci, ma ora il parlamentare pisano ha potuto prendersi la sua rivincita.

Rossi ha sbottato: “Tranquilli, regolarizzerò la mia posizione. Io dal Pd non prendo nulla, ma ho finora dato il mio contributo economico. Mi auto-licenzierò, stiano calmi”. La storia della sua aspettativa è nota da anni. Il Pd pisano ha ereditato i funzionari del Pci-Pds-Ds in aspettativa. Da Rossi all’attuale sindaco Marco Filippeschi. Anche l’ex sindaco e parlamentare Paolo Fontanelli, scissionista come Rossi, era in aspettativa: ora non più perché nel frattempo è andato in pensione. Pisa vanta una forte tradizione comunista. Sotto la Torre ha iniziato la carriera politica Massimo D’Alema. E Adriano Sofri ha fondato Lotta Continua. Tra i suoi amici più stretti Guelfo Guelfi, nel frattempo passato nelle file adoranti del renzismo, chee oggi siede nel cda della Rai.

In breve: a Pisa la politica ha avuto sempre grande risalto e grandi leader, tra i quali anche l’ex premier Enrico Letta. Ciò spiega anche i tanti funzionari politici che dal Pci sono sbarcati nei libri paga dei dipendenti del Pd. Rossi compreso. Che ora viene invitato ad andarsene in malo modo. Così come in Regione continuano le sprizzate di veleno nei suoi confronti per la decisione di scindersi da Renzi e amici. Il segretario regionale Dario Parrini e il capogruppo Leonardo Marras gli hanno ricordato a brutto muso che in Regione non c’è più un uomo solo al comando: “Rossi ballerà con noi”.

E il piano regionale di sviluppo, il programma per i prossimi tre anni della Regione, è stato modificato dai renziani. Un avvertimento: “Rossi si tolga dalla testa di fare e disfare come gli pare meglio. In aula i voti li abbiamo noi e a votare contro ci metteremo poco”. Insomma Rossi è sotto sorveglianza: guai se sgarra. Lui però controbatte: “Mi vogliono far fuori? Votino contro e così vanno tutti a casa”. Una minaccia che inquieta i renziani. Che di andare casa proprio non ne hanno voglia. E così Rossi, non più dipendente Pd ma ancora governatore eletto dai toscani, può sempre tenere il pallino della legislatura in mano.

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