Ad inizio febbraio 18 fra i maggiori costruttori di auto operanti negli USA (tra cui VW, Toyota, GM ed FCA) avevano scritto a Donald Trump, neo presidente degli Stati Uniti, per chiedere una revisione degli standard sulle emissioni inquinanti per le vetture prodotte nel periodo 2022-2025, ritenuti troppo restrittivi dalle case.

Ora l’Alliance of Automobile Manufacturers (che rappresenta i suddetti fabbricanti di auto) si è rivolta direttamente all’Epa, che invece quegli stessi limiti li aveva approvati a poche ore dall’insediamento del tycoon: in una lettera rivolta a Scott Pruitt, nuovo capo dell’Epa e uomo fidato di Trump, si richiede nuovamente un allentamento delle norme perché piene di “supposizioni indifendibili e analisi inadeguate”.

Secondo i costruttori i nuovi provvedimenti legislativi – che prevedono una riduzione media dei consumi di carburante del 30% – rischiano di “minacciare i futuri livelli di produzione”, con inevitabili ripercussioni: in ballo ci sarebbero ben un milione di posti di lavoro.

Argomentazioni che potrebbero trovare un terreno fertilissimo: Trump ha già fatto capire a più riprese di essere sensibilissimo al tema occupazionale. Mentre Pruitt è addirittura un convinto negazionista dei cambiamenti climatici da inquinamento ambientale e si è già dichiarato disponibile a correggere “al ribasso” gli standard.

Modifiche che potrebbero essere attuate in occasione della “midterm review”, quella scadenza che indica l’aprile 2018 come termine ultimo per modificare le regole già stabilite. Del resto Pruitt, che aveva fatto sapere in Senato di voler cambiare alcune decisioni prese dall’amministrazione Obama, è stato scelto da Trump proprio per ridimensionare il ruolo dell’Epa.

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