Che spettacolo! E non se ne salva uno.

La foto ricordo della compagine ministeriale guidata dal torpido Paolo Gentiloni produce già a prima vista un effetto spaventoso: tra “La notte dei morti viventi” (Padoan, Alfano, Fedeli, Minniti, Finocchiaro, Poletti, lo stesso Premier) e quelle cene tremende tra ex compagni di scuola, che si ritrovano dopo decenni e si riscoprono più rintronati ma sempre reciprocamente indigesti e carognette come allora (Madia, Orlando, Lotti, Lorenzin, Pinotti, Calenda, Del Rio. Per non parlare della compagna signorSì; nella manica dei professori sensibili allo sbattimento di ciglia e dunque detestata da tutti i compagni: la signorina perfettina Boschi).

Si dice, “governo di scopo”. Ossia compiere i passi necessari per “la fase due, la vendetta”, in cui il giovanile nume offeso di Rignano potrà tornare sulla scena e consumare le inevitabili ritorsioni contro chi non gli ha permesso di sacrificare al proprio Ego l’assetto democratico del Paese ed elevare la propria statua equestre sullo sbriciolato del costituzionalismo. Così almeno pare. Ma non è sicuro, visto che il pallino è in mano a democristiani doc tipo Franceschini o il pur ondivago Gentiloni, dunque con il tradimento iscritto nel Dna. Magari a spese di un democristiano geneticamente modificato quale Matteo Renzi (ibridato con il chiacchiericcio berlusconiano). Insomma, l’esule di Pontassieve Les Deux Eglises potrebbe incappare in qualche brutta sorpresa. Prossimamente. Sicché lo spettacolo indurrebbe soltanto a sperare che qualcuno ci liberi da questo repertorio di orrori, aprendo la strada a quel mito che un settantenne come il sottoscritto si porta addosso dai primi anni Settanta del secolo scorso: la mitica Thule dell’Alternativa.

Ma siamo sicuri che qualcuno voglia effettivamente schiodare la situazione e rimettere in moto il quadro democratico? L’impressione è che in futuro dobbiamo attenderci verbosità tracotanti con, a seguire, tracheggiamenti sistematici. Visto che lo spirito bottegaio ha contagiato un po’ tutti. E le opposizioni possono incassare robusti dividendi lasciando che il dramma shakespeariano del Pd produca ulteriori effetti disamoranti.

Tali calcoli opportunistici sono sintonizzabili con l’orologio biologico della società italiana? No di certo. Però questo non interessa certo uno sgomitatore irresponsabile quale Matteo Salvini. Né gli scampoli di una sinistra reducista, bramosa solo di sopravvivere a se stessa.

Come altre volte dichiarato, alcuni di noi avevano riposto una qualche speranza nell’area dell’indignazione come forza costituente, che nel nostro Paese era stata presidiata per tempo dal Movimento Cinquestelle. Non per una particolare fiducia in questa sigla di sapore alberghiero o\ per il suo speaker; il Beppe Grillo, comico non propriamente spassoso, incapace di qualsivoglia ragionamento in assenza del suggeritore, comunque inventore di una gag personale: il mugugno gridato.

L’atto di fede nasceva da una sorta di idea deterministica: la forza dell’indignazione avrebbe portato sulla scena energie nuove. Ma la speranza sembra definitivamente frustrata: le giovani leve parlamentari rivelano tratti pericolosamente subalterni nei confronti di chi controlla la macchina elettorale, magari residui di subculture da paleo-tricoteuses (possibile che il pur apprezzabile Danilo Toninelli non trovi di meglio per inveire contro Gentiloni del suo ipotetico “sangue blu”; come un qualsiasi NIP, l’insignificante rancoroso?). Né induce a speranza la cabina di pilotaggio delle candidature (leggi staff); dopo aver messo in pista a Roma una rampantina destrorsa come la Raggi smarrita, già giovane di bottega dalle parti di Cesare Previti.

Insomma, l’intero contesto rivela un tasso sconfortante di inadeguatezza, che induce a prevedere crisi sistemiche di durata pluridecennali. E se si cerca dalle mie parti un barlume di speranza, rispondo che forse dovremmo riprendere a progettare azioni di territorio. Visto che il 4 dicembre ci ha salvato almeno questo: l’agibilità democratica dell’autonomia locale. Qualcuno è interessato a parlarne?

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