Società

Maternità surrogate, anche le lesbo-femministe possono essere omofobe

Su Lezpop sono state definite “vecchia guardia lesbo-femminista”, Angela Azzaro parla di “tentazioni oscurantiste e proibizioniste”, Federico Zappino sottolinea come non abbia letto petizioni “a favore delle braccianti a due euro l’ora”, Antonella si dice contraria al divieto di ricorrere alla Gravidanza (GpA) e aggiunge che, in quanto lesbica, non si sente rappresentata da nessuna tra le cinquanta firmatarie di un appello in favore di tale divieto pubblicato su Repubblica un paio di giorni fa.

Tante donne, femministe e lesbiche, in realtà, non si sentono rappresentate da questo documento e da chi lo ha firmato. Non possono sentirsi rappresentate da chi sta sulla stessa posizione della Binetti e di altre leader del Family day. Oltretutto, facendo un calcolo veloce, ricordiamo che Repubblica sforna appelli di divieto in su e in giù o di moralizzazione in qua e in là da quando le “faccende” di donne non divennero un brand.

Se tanto mi dà tanto di questa iniziativa sentiremo parlare come oggi si parla dell’appello delle donne di ‘Se non ora quando’ nel 2011, quella tale squadra interclassista, interpartitica, destrorse incluse, che elargiva moralismo a piene mani sulla gestione del corpo delle donne, a prescindere da quel che le stesse donne volevano farne. Esiste un tal gruppo di donne prossime a Dio per convinzione di superiorità morale che ha sempre qualcosa da insegnarci, anzi, da imporci, perché solo loro sanno e non c’è donna che si possa dire libera di scegliere se non sceglie quel che vogliono firmatarie di simili appelli e affini. Sei libera di fare quel che voglio io. L’utero è tuo ma lo gestisco io. Ed è così che venne meno l’ascolto e il riconoscimento della soggettività di quelle che vengono considerate come povere idiote incapaci di intendere e volere, in attesa di qualcuno che illumini la loro via. E’ così che si tornò a una visione etero/paternalista che divide il mondo in senso binario e non riesce a concepire l’esistenza di vari generi, attribuendo alle donne un obbligo secondo “natura”, dimenticando quanto il ruolo di genere delle donne sia dato da cultura.

Hanno ridotto tutta la discussione a una divisione tra buone e cattive, le elette e le appartenenti a un ceto inferiore, figlie di un Dio minore, perché non si pensano donne e dunque madri, o madri così come da mistica della maternità maschilista e di queste conservatrici e reazionarie figure che in ultimo condannano le donne a definirsi sempre e solo vittime per poi poter assurgere a ruolo di portavoce di chi in realtà ha voce pur vedendosi negato l’ascolto.

Nel merito: il documento parla di divieto di realizzare la gestazione per altre, a prescindere da quel che sceglie chi vuole prestarsi in tal senso, e sostiene che sia innaturale dividere madre e figlio intendendo con il termine “madre” quella che partorisce e non chi sceglie quel ruolo o chi cresce un figlio con amore. Ma da quale pulpito pensano di poter ululare al vento su presunte conoscenze genitoriali, ribadendo regole che le donne vogliono scrollarsi di dosso, attribuendo al parto qualcosa che le stesse partorienti non sentono? Perché mai costruire lo stigma della cattiva madre nel caso in cui non senta quel particolare trasporto di cui lesbiche e femministe, in numero di 50, parlano? Perché mai limitare possibilità come quella dell’adozione, giacché si intende lo stesso fine e lo stesso “distacco”? Cosa ne sanno di legame genetico? Quali fonti scientifiche hanno consultato? Ed è solo un caso se a me pare che si ripetano stesse boiate scritte e dette da gente che frequenta il Family day?

E per quel che riguarda i grossi giri di affari di cui parlano, perché non arrivare a regolamenti come quello canadese, per esempio, in cui c’è gratuità, per quanto sia giusto pagare una donna che ha speso nove mesi di vita e di sicuro deve averne spesi di soldi per tutto quel tempo. Cosa sanno poi della questione del dono? Hanno verificato tutti i casi di Gpa esistenti al mondo? E perché mai questa compagnia di donne bianche e occidentali si ricorda di citare il capitalismo, un po’ come chi lo cita per nascondere la propria omofobia e per mettere in discussione il “gender” o il femminismo stesso, parlando di Gpa e non se ne ricorda quando si racconta di badanti la cui tratta viene compiuta a partire da tutto il mondo per compensare l’emancipazione della donna occidentale e bianca?

Come mai non se ne ricordano quando si parla di donne che raccolgono i pomodori a due euro l’ora, o di commesse sottopagate, di cameriere, di operaie, i cui corpi sono sempre mezzi di produzione? O intendono in quanto tali solo l’utero e la figa? Il primo la cui sacralità deriva da cultura religiosa, con tanto di elemento rafforzativo patriarcale quando si dà valore al legame genetico, e la seconda quando si parla di vendita di servizi sessuali?

Che dire allora dell’aborto? Si applica esattamente lo stesso schema: non tutte lo vogliono praticare ma nessuna, salvo le antiabortiste del family day ora associate al documento anti/gpa, si permetterebbe di vietarne l’applicazione, perché c’è differenza tra imposizione autoritaria e rispetto della libertà di scelta. C’è differenza tra quel che tu pensi di voler fare e quello che vuole e deve poter fare l’altra.

Il punto è che queste antiquate e stanche femministe e lesbiche hanno dimenticato quel che significa ascolto e accettazione della diversità, l’alterità. Il punto è che fino a qualche tempo fa sarebbe stato improponibile un passaggio come “chiediamo a tutti i paesi di mantenere la norma di elementare buon senso per cui la madre legale è colei che ha partorito e non la firmataria di un contratto né l’origine dell’ovocita”. Vallo a dire a chi adotta un bambino. Vallo a dire a chi non ha alcuna voglia di farsi schiavizzare in nome dell’orgoglio materno. Vallo a dire alle tante donne/madri che se ne fregano di questa modalità da martirio della beddamadresantissima che sa tanto di film anni 50.

Ma poi, trent’anni di gestazione per altri fruita da coppie etero e vi ricordate di scrivere ‘sto po’ po’ di documento solo quando ci sono di mezzo i gay? E non ditemi che l’omofobia non può risiedere in contesti lesbici. Ci sono cripto misoginie, paternalismi e sessismi tra gay, inclusi quelli che si fanno scudo delle lesbiche per imporre divieti alle altre, ci sono femministe radicali transfobiche, quindi non mi sorprenderebbe più nulla.

Fortuna che poi trovi iniziative come quella del 24 e 25 settembre, durante i quali 9 associazioni – tra cui 4 italiane (Associazione Luca Coscioni, Associazione Radicale Certi Diritti, Famiglie Arcobaleno, UAAR) – si sono ritrovate a Bruxelles in occasione della Seconda conferenza annuale sulle opzioni di genitorialità per le persone omosessuali europee organizzata dall’Associazione americana Men Having Babies e hanno creato una coalizione internazionale per una GPA etica.

C’è un femminismo autoritario che da qualche anno vuole dettare norme di comportamento alle altre donne, su questioni sessuali, riproduttive, sulla gestione del proprio corpo, imponendo a tutte il ruolo di vittime e giammai riconoscendo la loro soggettività. Questo, dalle mie parti, si chiama in un solo modo: e non serve sfogliare le pagine che parlano di capitale emotivo/affettivo, al posto di “riproduttivo”, per capire di che si tratta. Non in mio nome. Né in nome di tante altre. Tra noi c’è ancora qualcun@ che considera le donne in grado di intendere e di volere: vorreste psichiatrizzare tutte quelle che non sono d’accordo? O ci imporrete una rieducazione di massa per farci somigliare di più a voi?

Ps: firma anche tu la petizione delle bionde per la Gpa.