Siamo travolti dalle “emergenze” dei migranti e del terrorismo, e così la discussione sul futuro dell’Unione Europea rimane sullo sfondo. Quale modello economico adottare? Quello finora egemone è stato utile? In Europa si è affermato un modello neoliberista, cioè un modello che vede le “libere” dinamiche di mercato portatrici di benessere e ricchezza. Così non è.

Si è aperto un sano e proficuo dibattito, tra chi non ha aderito al neoliberismo, sul futuro della Unione Europea (Ue). Questo ha superato, per fortuna, un “vetero-europeismo” che ha indebolito e reso sterile la posizione il Partito della Sinistra Europea, a cui appartiene TsiprasYanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze di Tsipras e leader di Diem25 e Stefano Fassina, ex candidato a sindaco a Roma, sono due protagonisti del dibattito.

Varoufakis trova ridicole le posizioni dei socialdemocratici, sostenute anche da Sel in Sardegna e in Italia, definite “euro-riformiste”, per cui l’Europa ha bisogno di “più democrazia” e c’è bisogno di “più Europa”. Spiega che in Europa non c’è un deficit di democrazia: le istituzioni e le politiche europee sono convintamente pensate con l’obiettivo di eliminare la democrazia.

La seconda opzione che viene criticata è la “Lexit” (left + exit), cioè la posizione per cui bisogna ristabilire la sovranità nazionale, così da poter controllare la moneta, le politiche economiche e la politica estera. Varoufakis si chiede se, con un’impostazione di questo tipo, si può vincere la battaglia per l’egemonia con la destra razzista e liberista in Europa, e la sua risposta è no.

L’opzione di Diem25, l’organizzazione di Varoufakis, è un movimento pan-europeo, che sia presente a livello locale, nazionale e internazionale, che propagandi e attui la “disobbedienza all’interno dell’Ue”. Questo significherebbe, a differenza del governo portoghese, la disobbedienza ai trattati e agli accordi neoliberisti nel caso si guidi un governo nazionale, e la promozione di politiche anti-liberiste se si governa a livello locale. Luigi De Magistris ha aderito a Diem25.

L’Ue di Schauble, ministro delle finanze tedesco, permetterebbe una posizione di questo tipo? Evidentemente no. Ha fatto abbassare la testa a Tsipras, perché non la dovrebbe far abbassare a un governo nazionale con le posizioni di Diem25?

E’ corretta, quindi, la posizione di chi sostiene che la prima strada da percorrere è quella proposta da Diem25 ma che, al contempo, è bene avere un “piano B”. Se un movimento pan-europeo antiliberista nasce e si espande, tanto meglio. Ma se andiamo al governo, dobbiamo sapere quali alternative abbiamo di fronte a noi. In questo senso vanno gli articoli di Stefano Fassina.

In Italia Renzi attraversa un periodo molto difficile. La Consulta si pronuncerà sull’Italicum (forse dopo il referendum). Il nodo vero, è che si pensa “al dopo”. Non si presenta un progetto politico alternativo nelle pratiche e nelle persone, innanzitutto a livello europeo, e questo è un limite oggettivo che rischia di vanificare il vantaggio strategico accumulato in questi due anni. Anzi, Pisapia e Zedda lanciano il salvagente a Renzi, in cambio di una modifica della legge elettorale che permetta loro la creazione di un movimento “di sinistra” satellite del Pd che porti una manciata di deputati al parlamento. Il dibattito strategico a livello europeo, a cui partecipano Varoufakis e Fassina, serve a colmare questo vuoto, e a indicare la via.

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