Oggi è la Giornata mondiale dei rifugiati. E con l’hastag #WithRefugees si può condividere lo sdegno per la situazione in cui si trovano oltre 65 milioni di persone secondo i dati diffusi dall’Unhcr (l’Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati) che ha pubblicato un’eloquente infografica.

Posso immaginare già alcuni commenti del tipo “pigliateli tu i rifugiati, che poi sono tutti terroristi”.

Ora buttiamola lì: è forse un altra giornata del buonismo, del politicamente corretto che fa tanto bene all’anima? Dopo tutto bastano un paio di clic e ci si sente più leggeri e partecipativi. Poi i rifugiati si “vendono” tanto bene sui media. Il bimbo migrante di 3 anni morto il 3 settembre 2015 sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, insieme al fratellino di 5 anni, ha riscosso un successone mediatico. Peccato che sia divenuto un “vip” suo malgrado, solo da morto. Niente autografi per lui, niente comparsate in tv per raccontare come si stava sul barcone.

Oltre 65 milioni di rifugiati sono a spasso per il mondo. Tutto sommato non potevano restare a casa loro? Nel migliore dei casi le donne potevano essere stuprate, gli uomini pestati. Nel peggiore, potevano sempre morire (del resto, nel mondo non siamo già in troppi?). In certe aree del pianeta, che sia per una missione di cosiddetta “pace”, o per i combattenti per la libertà la gente ha questa strana voglia di cambiare area. Non capiscono proprio che se stanno lì per un po’ (alcuni anni, per esempio), se sopravvivono a bombardamenti “strategici”, pulizie etniche, e violenze, dopo qualche tempo tornerà la libertà (per non parlare della democrazia). Forse questi rifugiati non sono tanto svegli nel voler venire a tutti i costi da noi.

La Svezia, nazione amicona dei rifugiati, ha candidamente ammesso che non ce la fa più ad accoglierli, pare un po’ che dica: “Ma dobbiamo prenderli sempre noi?” L’italia e le altre nazioni di frontiera fanno la loro parte.

La civile Europa (diciamo la Germania che si tira appresso l’Europa) ha suggerito di creare centri per tenerli dapprima isolati e poi accettarli poco alla volta. E già che ci siamo, hanno pensato bene di dare un po’ di soldi alla Turchia perché faccia il “cane da guardia”. Dopo le uscite della Merkel stile “venite da noi che c’è tanto spazio”, ora si analizzano gli effetti di una politica simile con un aumento previsto delle deportazioni verso la terra natia (sì insomma, o lì o al campo di concentramento profughi più vicino).

Ma questi rifugiati chi li ha fatti muovere? Le crisi economiche, le guerre. E qui si pone una domanda? Ma queste guerre le fanno con arco e frecce o usano armi moderne? Perché dopo tutto una guerra fatta bene se non ci metti dentro un po’ di mine (i famosi soldati eterni) un po’ di Ak47 (se il sig Kalasnikov avesse le royalty per il suo fucile sarebbe più ricco di Bill Gates) un po’ di Rpg (quelli economici da 100 euro, non sprechiamo soldi!) E tutte queste armi da dove santano fuori?

Per il 2020 il mercato delle sole armi leggere (prodotte e vendute legalmente) raggiungerà senza grande sforzi i 12 miliardi di dollari. E parlo solo delle armi che verranno prodotte e vendute. Per quelle già in circolazione chi riesce a tener dei numeri corretti è bravo.

Poi ovvio ci son il mercato delle armi serie (quelle dei bambini grandi, mica quelle dei pezzenti) e qui c’è una bella lista dei maggiori importatori .

Per le armi “serie”, quelle che volano, che pesano tonnellate, qui c’è la top ten (tra cui anche la nostra Finmeccanica).

Quindi alla fine la giornata del rifugiato oggi va così: i rifugiati cercano rifugio e vanno a spasso, noi occidentali ci twittiamo su (ovvio scandalizzati, giusto oggi ci si deve scandalizzare, domani è un altro giorno), compagnie della difesa ci fan la trimestrale, liberi professionisti (leggasi commercianti di armi) fanno i loro guadagni, soldati regolari (di solito arruolati nei distretti poveri delle città, anche quelle occidentali) crepano o tornano a casa con traumi psicologici e fisici, e i politici di tutto il mondo si struggono il petto, lacrimanti, per la tragedia.

Domani alla fine è un altro giorno.

@enricoverga

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