I risultati delle elezioni si misurano sugli obiettivi che i partiti si sono prefissati di raggiungere. Ormai il panorama politico italiano è diviso in tre schieramenti. Il Pd di Renzi, il M5s di Di Maio e il centrodestra di Berlusconi e Salvini. Renzi, consapevole della sicura sconfitta di Giachetti a Roma, aveva puntato tutto su Sala a Milano. Il M5s voleva a tutti i costi Roma, ottenere un buon risultato a Torino e toccare la soglia del 10% nelle grandi città. Il centrodestra si presentava diviso a Roma (per misurare le forze rispettive, ben sapendo che il risultato era sin dall’inizio scontato) e unito a Milano, considerando la città decisiva.

Se le cose stanno in questi termini, e stanno in questi termini, la conclusione è evidente. Il vero vincitore di queste elezioni è il M5s e poco importa se, ad esempio a Cosenza abbia ottenuto il 2%. Conquista Roma (e la cosa oramai era scontata) con un risultato eclatante e persino Torino, dove l’impresa pareva a molti impossibile. Questa vittoria è anzitutto una vittoria di Gianroberto Casaleggio, che prima di morire ha pianificato una campagna elettorale perfetta, scegliendo candidati come Raggi e Appendino, che sono una diretta espressione di quella linea politica moderata incarnata al vertice da Luigi Di Maio, una linea pro tutto, pro Euro, pro Unione europea, pro Nato, di fatto pro Italicum, ecc., e contro nulla (o quasi). Dal Movimento di protesta è nato il partito di governo, anche se con tutti questi pro non si capisce più bene dove stia la differenza con Renzi, a parte la rilevante battaglia contro “a corrrruzzzzzione”.

Ora però il compito dei pentastellati non sarà facile: dove sinora hanno amministrato i risultati complessivi sono, per usare un eufemismo, tutt’altro che esaltanti e governare Roma, senza neppure il supporto di Casaleggio padre, non sarà facile. Insomma, i primi cento giorni saranno decisivi. Vince dunque e con una vittoria esaltante il M5s, mentre il centrodestra subisce una pesante sconfitta, perde dove si presentava diviso, ma perde anche dove si presentava unito. Berlusconi è in declino, ma Salvini non decolla. Perdere Varese dopo 23 anni di anni di Lega vorrà ben dire qualcosa.

Renzi ne esce, è vero, malconcio, ma può tirare un sospiro di sollievo: il suo candidato ha perso a Roma, ma anche se con fatica ha vinto a Milano e Fassino in fondo appartiene alla vecchia guardia. Gioisce Napolitano che gli ha affidato il compito di rottamare la Costituzione: con l’aiuto di una vasta campagna referendaria può ancora riuscirci. Molto dipenderà dal M5s, se cioè farà una seria campagna contro il referendum, o come sinora sembra solo di facciata, con l’idea di far fare il lavoro sporco a Renzi per poi, grazie all’Italicum, sostituirlo. Sarebbe il primo grande errore del dopo Casaleggio e allora a cadere sarebbe Di Maio e con lui tutto il Movimento. Finita una battaglia ne comincia subito un’altra e questa sarà decisiva per le sorti dell’intero Paese.

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