Anche l’altro ieri, come al martedì della settimana precedente, Floris ha superato di parecchio il 7%. Ma a differenza che la volta scorsa, stavolta il distacco da Ballarò, rimasto ben sotto il 5%, è stato assai sensibile. Frutto della maggiore “fedeltà” del pubblico di Floris, che resiste davanti a di Dimartedi (siamo a una permanenza del 17% sulla durata totale, che per un programma interminabile è una percentuale davvero elevata) molto più di quanto accade agli spettatori di Ballarò, dove la permanenza si è fermata poco sopra il 12%, e per di più su una durata più corta di circa mezz’ora.

Il merito continua ad essere, ormai è del tutto evidente, dell’aver portato Dimartedì sui “contenuti vari”, al di là della politica. La controprova sta nel fatto che nonostante le chiacchiere seguite ai terremoti elettorali del primo turno delle amministrative e in attesa di conferma o smentita al secondo turno, i telespettatori non si sono affatto precipitati sui talk show formato Costa Crociere (mentre hanno ben premiato la scialuppa Gruber) tant’è che la somma dei dati di Ballarò e Dimartedì resta sotto i massimi di stagione. E così, mentre La7, allontanandosi un bel po’ dal talk show tutto politico, sostanzialmente vince la sfida del martedì, la Rai ha da risolvere un problema a casa propria. Non ha evidentemente alcun senso che la prima serata del Servizio Pubblico ospiti un talk show minore rispetto a quanto offre la concorrenza commerciale, ed è improbabile che tutto si possa risolvere cambiando conduzione. Sembra piuttosto giunta l’ora di cambiare formato. C’è il vecchio esempio dei magazine tutta-inchiesta di circa un’ora che caratterizzano le reti del mondo anglosassone. Un’altra strada potrebbe essere quella delle inchieste strutturalmente volte a innescare sì discussioni, confronti ma per giungere allo sbocco, qui sarebbe la novità, perfino di decisioni.

L’esempio recente è quello di Milena Gabanelli che quest’anno ha incrementato il versante istruttorio di Report sfilandosi dalla solfa lamentosa che ancora sostanzialmente caratterizza il “giornalismo coraggioso” e azzardando proposte che sfidano le istituzioni ad adottarle o a respingerle, ma comunque a misurarcisi. Una maniera nuova, insomma, di pensare al Quarto Potere, capace di avventurarsi sul territorio del “governare”, delle “compatibilità”, della ricerca di soluzioni a partire dai problemi, dalle opinioni degli esperti, dalle capacità operative concretamente mobilitabili. In questo senso ci è capitato di segnalare qualche giorno fa la puntata che, assai seriamente, esplorava la possibilità di trasformare lo tsunami dell’immigrazione di massa in una occasione di rilancio dello sviluppo. E non sarà un caso che il tutto sia stato preso sul serio, tant’è che – questa è una notizia – esperti, funzionari e governanti impegnati sul problema la stanno per incontrare per discuterne nel merito. Ovviamente Sciò Business sarà lì, perché gli pare una novità non da poco nel campo dei rapporti fra Media e Poteri. Quanto meritino la maiuscola, si vedrà.

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