Nel 2013 disse di aver appoggiato “Bersani senza essere bersaniano”, e di essere poi passato a “Renzi senza essere renziano”. Una metamorfosi celata dietro una sorta di understatement che lo ha premiato, se è vero che nel corso della conferenza stampa di fine anno è stato l’unico candidato citato dal presidente del Consiglio, come “l’amico Gnassi”. Oggi il primo cittadino di Rimini, Andrea Gnassi, riconfermato dal Pd senza passare dalle primarie, marcia a passo spedito verso il bis. Salvo clamorose sorprese, un suo secondo mandato è dato quasi per scontato. Merito di una parte della destra, che in queste amministrative ha deciso di saltare sul carro dei democratici, e di uno dei principali avversari, non debole ma addirittura assente dalla competizione del 5 giugno. Vedi alla voce Movimento 5 stelle, che a Rimini ha deciso di non presentarsi alle elezioni.

Eppure l’ultrafavorito Gnassi, classe 1969, stile e atteggiamento da perfetto rottamatore, si presenta alla urne con l’ombra di una richiesta di rinvio a giudizio per il crac Aeadria, società che aveva in mano la gestione dell’aeroporto di Rimini. A novembre scorso, infatti, la procura ha chiesto il processo per 19 persone, tra cui i vertici della società, Gnassi e il suo predecessore, Alberto Ravaioli. I reati sono quelli di associazione per delinquere finalizzata a falsare i bilanci, abuso d’ufficio, truffa e bancarotta. Il sindaco dunque rischia di inaugurare la sua seconda amministrazione con un processo, anche se per saperlo bisognerà aspettare diverse settimane: l’udienza preliminare, inizialmente fissata ad aprile, è stata aggiornata al 10 giugno, dopo il primo turno.

Per questo la vicenda giudiziaria non ha inciso più di tanto nella campagna elettorale. Sulla stampa locale alcuni editorialisti che da anni osservano e commentano la politica riminese ipotizzano una facile vittoria del Pd al primo turno e parlano di una sorta di “plebiscito”, con un voto personalizzato “pro o contro Gnassi“. In pieno stile renziano, insomma. Va considerato anche che, in vista delle amministrative, Gnassi ha catalizzato su di sé il favore di categorie tradizionalmente orientate a destra, abbattendo steccati consolidati nel tempo e replicando, pure in questo caso, le dinamiche del Pd nazionale in chiave locale. Basta scorrere i nomi della lista Patto civico con Gnassi, ispirata dal vicecapogruppo alla Camera Sergio Pizzolante, prima in Forza Italia ora in Ncd. Dentro ci sono albergatori, imprenditori, avvocati e proprietari di stabilimenti balneari, categoria che in Romagna ha un certo peso.

Rimini andrà a votare mentre si prepara ad aprire la stagione estiva con la Notte rosa, marchio di fabbrica romagnolo, di cui proprio Gnassi è considerato l’ideatore. L’inquilino di palazzo Garampi ha sempre fatto degli eventi e del rilancio del turismo (anche notturno) il fulcro del suo progetto. In una terra dove negli ultimi anni nemmeno l’ampissima offerta low cost, la stessa che in passato aveva fatto la fortuna della Riviera, è riuscita ad allontanare la crisi. A suo favore la squadra di Gnassi può giocare anche la carta del Piano di salvaguardia della balneazione, un maxiprogetto da 154 milioni euro per riqualificare il sistema fognario ed evitare che ogni acquazzone renda il mare uno scarico a cielo aperto. La fine dei lavori è prevista nel 2020, ma una prima parte è già stata completata.

Dall’altra parte, l’assenza del Movimento 5 stelle merita un capitolo a parte. A Rimini come a Ravenna, i vertici di Milano hanno deciso di abbandonare il campo prima ancora dell’inizio della battaglia, per via delle lotte interne tra due fazioni: quella guidata dalla parlamentare Giulia Sarti e dall’eurodeputato Marco Affronte (due esponenti invisi allo staff della Casaleggio), che aveva già puntato tutto sull’avvocato antimafia Davide Grassi; e quella promossa dall’ex moglie di Beppe Grillo, Sonia Toni. A entrambe è stata negata la certificazione e l’autorizzazione a usare il simbolo. Una decisione drastica che ha spiazzato attivisti, anche di vecchia data, e deluso elettori, lasciando sul terreno un bottino di voti consistente, considerati il 23,5 per cento raccolto alle Europee e il 17 per cento totalizzato dai Cinquestelle alle ultime regionali.

Ovviamente queste percentuali fanno gola. E, al netto dell’astensione, potrebbero andare in parte alla formazione di Luigi Camporesi, grillino pentito e fuoriuscito volontariamente, che il 5 giugno ha deciso di correre da solo. Camporesi è sostenuto, tra gli altri, da Fare, il movimento di Flavio Tosi e dalla lista Movimento libero. Quest’ultima è nata dall’idea di un altro ex 5 stelle, Marco Fonti, e si presenta con un simbolo che, non a caso, richiama esplicitamente i colori del logo di Grillo. L’avvocato leghista Marzio Pecci è invece il volto scelto dal Carroccio per sfidare Gnassi, che ha incassato l’appoggio di Forza Italia, Fratelli d’Italia e Uniti si Vince per cambiare Rimini. Completano il quadro altri 5 candidati. Tre di destra: Marina Mascioni sostenuta dal Fronte Nazionale, Ada di Campi del Popolo della famiglia (il movimento di Mario Adinolfi) e Mirco Ottaviani, aspirante sindaco di Forza Nuova. Mentre a sinistra del Pd ci sono Mara Marani di Rimini People e l’ex assessore all’Ambiente della giunta Gnassi, Sara Visintin, appoggiata dalla lista Sinistra in Comune.

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