Uno studente universitario si alza in piedi durante un incontro all’ateneo di Catania con la ministro Maria Elena Boschi, prende la parola e diventa un eroe. Il video dell’intervento di Alessio Grancagnolo ha fatto il giro del web. Che ha fatto Alessio di così eroico? Ha solo parlato, ha detto ciò che pensa dopo essersi preparato in maniera accurato sul tema del referendum costituzionale. Ha parlato otto minuti, interrotto cinque volte dal rettore Giacomo Pignataro e due volte dal ministro Boschi.

Parlare di fronte a un ministro o a uomo o donna di potere, in Italia è diventato un atto coraggioso: un atto che in una democrazia dovrebbe essere normale si è trasformato in straordinario. Alessio, suo malgrado, forse lo sapeva che sarebbe diventato famoso per un giorno “solo” alzandosi in piedi e dicendo quello che pensava ad una giovane poco più grande di lui che ricopre il ruolo di ministro della Repubblica.

Lo ha spiegato lui stesso all’inizio: “Negli ultimi giorni molti amici mi hanno suggerito di rivedere il mio intervento perché ritenuto troppo critico. Tuttavia credo che questo Paese abbia bisogno di piccoli atti di coraggio. Così ho deciso di non ascoltare i consigli dati in buona fede e il mio intervento sarà come è stato ideato. Spero di non essere etichettato come un vecchio parruccone”. Tralasciando le poche e inutili interruzioni della Boschi; lasciando perdere la sostanza del discorso di quel giovane (ognuno ha il suo parere in merito; il mio rispecchia quello di Alessio) in quegli otto minuti è andata in scena la rappresentazione di una sconfitta: la generazione del rettore (52enne) ancora una volta sta schiacciando quella di Alessio.

Per l’ennesima volta in questo Paese i padri tolgono la parola ai figli; quelli che il posto ce l’hanno zittiscono chi un lavoro farà sempre più fatica a trovarlo. Dopo cinque richiami quando Alessio afferma “La campagna elettorale è iniziata ed è iniziato il tour propagandistico negli atenei”, Pignataro prende la parola per dire questo: “Lei ha parlato molto si interrompa perché deve parlare il ministro. La parola gliela tolgo io. Lei non può dire che si fanno tour propagandistici negli atenei. Questo è un momento di confronto. Questo è un incontro tra ministro e studenti. Non era previsto alcun contraddittorio, Chi non gradisce il format può anche non partecipare”.

E’ in quell’esatto istante che l’istituzione perde fiducia. E’ lì che la generazione di Alessio, giustamente, volta le spalle a chi dovrebbe dar loro una mano; a chi dovrebbe dare non togliere la parola. Nel faccia a faccia tra il rettore e lo studente, tra il vecchio e il giovane, è il primo a dettare le regole. L’altro, cui è gentilmente concesso di prendere la parola sotto la protezione, non può nemmeno dire “che si fanno tour propagandistici negli atenei”. E’ in quel momento che il rettore sceglie di stare da una parte e sceglie quella del politico. La stessa politica che perde sempre più credibilità tra i giovani.

Chissà cosa ne pensano la Boschi e Pignataro dei risultati della ricerca condotta dall’Osservatorio “Generazione Proteo” su 30 mila giovani tra i 17 e i 19 anni: i partiti politici, il Parlamento e il presidente del Consiglio sono per gli intervistati i principali responsabili del disastroso rapporto dei giovani con il Paese. Secondo la ricerca, i ragazzi hanno divorziato con le istituzioni, provano per la classe politica vergogna, disprezzo, preoccupazione e rabbia. Cosa proverà ora Alessio nei confronti del suo rettore? Che immagine ha dato quel 52enne?
Da notare che la ministro Boschi nell’articolata risposta data ad Alessio ha parlato 15 minuti (il doppio del ragazzo) senza essere mai interrotta e improvvisamente i problemi di tempo sono spariti.

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