Ogni anno in Italia l’inquinamento dell’aria provoca 35mila morti premature. E in Europa nessuno sta peggio di noi. Lo dice uno studio finanziato dal ministero della Salute che sottolinea anche un altro dato: rispettando i limiti di legge, nel 2015 si sarebbero potute salvare 11mila vite. A uccidere sono le micropolveri sottili, il biossido di azoto, l’ozono, ma anche quei gas che contribuiscono alla loro formazione (come ammoniaca e metano). Cosa si sta facendo, allora, per abbattere le emissioni? C’è chi ritiene che l’Italia stia giocando al ribasso la partita in corso a livello europeo. A fine febbraio l’associazione Cittadini per l’Aria ha lanciato un allarme sulla base dei dati forniti dallo European Environment Bureau: “Se il governo non modifica la sua ‘politica’ entro il 2030 in Italia ci saranno 15mila morti premature in più causate dallo smog”.

E se gli ambientalisti accusano le istituzioni di aver “abbassato il livello di ambizione”, dal ministero delle Politiche agricole ricordano quanto fatto finora: “Con le Regioni sono stati stanziati 2 miliardi di euro a sostegno di pratiche agronomiche a basso impatto ambientale e nella legge di stabilità c’è un fondo da 45 milioni per il rinnovo delle macchine agricole, che devono essere più sicure e meno inquinanti”. L’unica certezza è che ci sono molti interessi in gioco: dalle lobby delle industrie ai vari settori, compreso quello agricolo. Perché è da questo settore, per esempio, che proviene oltre il 90 per cento dell’ammoniaca emessa in atmosfera. Sotto accusa anche gli allevamenti intensivi. Nel frattempo, però, l’Italia continua ad accumulare record negativi e, proprio a causa dello smog, rischia una multa di un miliardo di euro.

La denuncia: nel 2030 15mila morti premature in più
L’allarme lanciato da Cittadini per l’Aria sulle morti premature parla di 15mila decessi, oltre ai 650mila già previsti dalla Commissione europea. Questa proiezione è stata ottenuta comparando alcuni dati, tra cui il tasso di mortalità (obiettivo per il 2030) stabilito dalla Unione europea e i dati pubblicati a fine 2015 dall’Agenzia per l’ambiente europea, dai quali risulta che l’Italia è il Paese dell’Unione con più morti premature. Nel 2012 sono stati 84.400, su un totale di 491mila a livello europeo. Ma in media l’inquinamento accorcia la vita di ciascun italiano di 10 mesi: 14 per chi vive al Nord, 6,6 al Centro e 5,7 al Sud e nelle isole. I risultati del progetto Viias, finanziato dal Centro controllo malattie del ministero della Salute, rivelano che in Italia 30mila decessi all’anno sono causati solo dal cosiddetto “particolato fine”.

La direttiva Nec
Secondo la onlus all’Italia una via d’uscita la offre la negoziazione in corso da mesi tra Consiglio, Parlamento e Commissione sulla Direttiva Nec (National Emission Ceilings), normativa che riguarda i nuovi limiti nazionali delle emissioni dal 2020 fino al 2030 con cui l’Ue intende inasprire la lotta all’inquinamento. La trattativa va avanti, ma nel frattempo sono già accadute un po’ di cose. Il Consiglio europeo dei ministri dell’Ambiente ha “alleggerito” la revisione della direttiva approvata dal Parlamento europeo il 28 ottobre. La maggioranza qualificata di 24 Paesi membri (tra cui l’Italia) ha abbassato i nuovi limiti di emissioni. Si parla di anidride solforosa, ossidi di azoto, composti organici volatili non metanici, micro polveri sottili (Pm 2.5), ammoniaca e metano, questi ultimi due precursori dell’ozono e delle micro-polveri. “Nel documento adottato – spiega la onlus – sono scritte nero su bianco le percentuali: per il 2030 vanno ridotte del 40 per cento (rispetto al 2005) le emissioni di Pm2.5, del 71 quelle di anidride solforosa, del 65 quelle di ossido di azoto”.

Il pressing italiano
Per arrivare a questi limiti si è dovuto fare i conti con le esigenze dei singoli Paesi e dei vari settori. Dai trasporti all’agricoltura, dalla quale dipende il 90 per cento delle emissioni di ammoniaca. Non è un caso se il valore massimo per questo composto è stato fornito direttamente dal ministero delle Politiche agricole. E ancora: l’industria della carne produce il 65 per cento del protossido d’azoto emesso in atmosfera e il 44 per cento del metano. Questi gas contribuiscono alla formazione di micro polveri e ozono. Eppure nel testo adottato dai Paesi europei non c’è più traccia dell’obiettivo di riduzione per il metano, mentre l’Italia ha fatto pressione per abbassare la percentuale per l’ammoniaca dal 22 al 14 per cento. È sceso di 10 punti percentuali anche l’obiettivo per il Pm 2,5. “Il governo ha ridotto il livello di ambizione delle politiche italiane per i prossimi 15 anni” spiega Anna Gerometta, presidente di ‘Cittadini per l’aria’. Di più: insieme ad altri Paesi, “anche l’Italia ha spinto affinché fossero introdotti dei ‘meccanismi di flessibilità’ legati a situazioni straordinarie (vedi estati particolarmente siccitose o inverni molto freddi)” e proroghe per un inquinante in caso di risultati migliori per un altro.

I ministeri: “In Europa siglato un buon accordo”
I rappresentanti del ministero dell’Ambiente che si occupano di Affari europei ritengono che quello raggiunto in Consiglio sia “un buon accordo, perché coniuga un elevato livello di ambizione con la raggiungibilità degli obiettivi”, senza posizioni oltranziste “come quelle riscontrate in alcuni settori del Parlamento, che rischierebbero di ottenere un effetto opposto”. Il riferimento è a possibili infrazioni in mancanza di un accordo.

La denuncia degli ambientalisti si scontra, inevitabilmente, con gli interessi sì delle lobby, ma anche con le preoccupazione dei vari settori. In primis, quello dell’agricoltura. La stessa Coldiretti ha più volte sollecitato i ministeri dell’Ambiente e delle Politiche agricole a tenere conto di “possibili ripercussioni sul settore zootecnico derivanti dall’adozione di limiti eccessivamente restrittivi”. Il Copa Cogeca (Comitato delle organizzazioni professionali agricole e della cooperazione agricola dell’Ue) ha invece ricordato che “le emissioni di ammoniaca in Italia, nel settore agricolo, sono calate del 25 per cento dal 1990 al 2009, particolarmente nell’allevamento avicolo”. E il ministero delle Politiche agricole fornisce altri dati: “L’agricoltura italiana ha il 36% di emissioni di gas serra in meno rispetto alla media europea e abbiamo abbattuto del 45 per cento l’utilizzo dei pesticidi nei campi negli ultimi 10 anni”.

Nuova procedura d’infrazione: rischio multa da un miliardo
Da Bruxelles, intanto, arrivano brutte notizie. L’Italia rischia una multa di un miliardo di euro a causa dello smog. Le soglie per la concentrazione di Pm10 sono state abbondantemente superate in tutta la Pianura Padana (Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto), a Roma e a Napoli, ma anche in altre aree. Il primo richiamo della Commissione europea era arrivato a luglio 2014, ma da allora non è stato fatto abbastanza e ora, a distanza di un anno e mezzo, secondo fonti della stessa Commissione, l’esecutivo comunitario sarebbe pronto a inviare all’Italia un parere motivato, passando così alla seconda fase della procedura di infrazione. Che solitamente anticipa il ricorso alla Corte di Giustizia europea. Non è la prima volta per l’Italia, che già nel 2012 si è vista comminare una sanzione per aver oltrepassato i limiti di Pm10 in 55 zone tra il 2006 e il 2007. E può andare peggio.

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