Casaleggio era un visionario. Il visionario non è l’equivalente del profeta, dell’indovino o dell’utopista che popolavano i quartieri alti e bassi della società preindustriale e precapitalistica. Oggi produrre visioni è piuttosto il mestiere di chi immagina i mondi futuri (oggetti, modi di relazione, costumi) contenuti nella pancia di quelli corrente, che si ingegna a dedurre quel che sarà e che prenderà il posto di quel che c’è. Il visionario, insomma, se la prende con le concezioni correnti perché le vede già appiedate rispetto a quelle che incombono. I visionari suscitano grandissima attenzione in ambienti attentissimi al calcolo economico e per questo spesso sono consulenti delle grandi società che hanno in gioco grandi investimenti di cui rientrare in un lungo corso d’anni (ad esempio i gestori delle reti telefoniche, come Telecom per cui Casaleggio ha lavorato a lungo, ma anche i fondi che muovono mari di capitali e che hanno l’incubo di sbagliare il cavallo su cui puntarli). In altri termini, il visionario è sì no che delinea il futuro, ma sempre estraendolo da quel che c’è, come possibilità o inevitabilità del presente.

Due (per quanto più ci interessa) sono le “visioni” di Casaleggio che di fatto si stanno realizzando. La prima è l’affermarsi della jobless society (società dove il lavoro è scarso) e cioè del mondo dove i più, sostituiti dalla informatica, non lavoreranno. Da qui la necessità di distribuire ai non lavoranti – che potrebbero divenire maggioranza – quel tanto di reddito che li faccia sopravvivere e che assicuri la continuità sistemica del ciclo produzione-consumo. Un “reddito di cittadinanza” che per questo è elemento strutturale del manifesto M5s, e che si sgancia (altro che “Italia è una repubblica fondata sul lavoro”) dal lavoro svolto, interrotto (indennità di disoccupazione) o esaurito (pensioni). La seconda visione riguarda i media: tv, radio e stampa. Si dice che siano tutti in crisi per l’avanzare di internet, il che è vero, anche se solo fino a un certo punto. Ma più in generale ci sembra che Casaleggio abbia colto il fenomeno dei “media affamati”. Affamati, come da sempre accade, di cose da dire e raccontare, ma sempre meno in grado di andarsele a cercare perché impoveriti dalla crisi dei vecchi modelli di business. Di conseguenza radio, tv e giornali stanno per lo più lì a bocca aperta ad attendere l’imbeccata attorno a cui chiacchierare, e per muoverli a bacchetta non serve più il potere, ma l’evento più o meno (di solito meno) sostanzioso.

Lo ha capito anche Renzi, che infatti dai media sa farsi inseguire. Mentre Casaleggio ha pensato alla convergenza con Grillo, per l’appunto un artista costruttore di eventi, battute, gesti che in tutti i media riesplodono un attimo dopo aver fatto capolino sul blog-detonatore. Intanto annotiamo che da Lilly Gruber, ovviamente pronta sulla notizia, il pubblico è cresciuto ieri sera di quasi un punto di share rispetto al martedì della settimana scorsa. Tutto per merito dei diplomati e laureati (la zona più riflessiva del pubblico) attratti dalle domande sul futuro delle stelle visionariste, ora che le visioni devono farsele tutte da sé.

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