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Veneto, scontro tra patriarca Venezia e Lega Nord su legge anti-moschee: “Chiesa non è centro commerciale”. “Fa politica”

Secondo la norma proposta da Carroccio e Lista Tosi prevede che per un nuovo centro di culto siano presenti parcheggi, strade di accesso e collegamenti. Inoltre, si deve chiedere l'autorizzazione al sindaco. Ed è proprio questo che interessa ai promotori, il controllo in sede comunale, con una serie di obblighi imposti per legge regionale
Veneto, scontro tra patriarca Venezia e Lega Nord su legge anti-moschee: “Chiesa non è centro commerciale”. “Fa politica”
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La parola moschee non è mai citata. Ma a Venezia e in Veneto tutti sanno che la legge di modifica delle “Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio“, che va in discussione oggi pomeriggio in consiglio regionale, non è nient’altro che un provvedimento, d’ispirazione leghista, ma con adesioni trasversali, che vuole impedire l’istituzione di nuove moschee. Chi lo ha capito benissimo è il patriarca Francesco Moraglia, che domenica con un editoriale su Gente veneta, il settimanale diocesano, ha preso una posizione netta. “Una chiesa, un patronato, le aule di catechismo (con tutto i rispetto per altri tipi di attività) non possono rispondere alla logica che presiede all’insediamento di un centro commerciale, un distributore di carburante, una palestra o un centro benessere”. La religione, che sia cristiana o musulmana, è una cosa, le attività economiche un’altra.

Non si è fatta attendere la reazione in casa leghista, anche per alzare il livello di attenzione su un tema caro al partito del governatore Luca Zaia e già anticipato dal governo della Lombardia di Roberto Maroni. “Il Patriarca fa politica, oltre a divulgare il Vangelo. I preti negli ultimi tempi fanno politica, si intromettono nelle decisioni della politica” ha risposto a muso duro Alberto Semenzato, consigliere leghista a Palazzo Ferro Fini. Posizione anti-islamica? “I luoghi di culto devono essere autorizzati e sorgere in periferia, altrimenti dai centri culturali è facilissimo passare alle moschee“.

La proposta di legge, che a gennaio è stata licenziata in commissione, porta le firme di Alessandro Montagnoli, leghista veronese, e di Maurizio Conte, della lista di Flavio Tosi. Abbraccio bipartisan tra due gruppi avversari. Il primo firmatario allontana sospetti di islamofobia: “Non è frutto di una scelta ideologica, per privare una religione o un’altra dei propri diritti, ma si mette fine al caos amministrativo regolamentando gli spazi pubblici”. Il progetto prevede che per un nuovo centro di culto siano presenti parcheggi, strade di accesso e collegamenti. Inoltre, si deve chiedere l’autorizzazione al sindaco. Ed è proprio questo che interessa ai promotori, il controllo in sede comunale, con una serie di obblighi imposti per legge regionale.

A difesa della libertà di culto sia il Pd che il Movimento Cinque Stelle. Il petastellato Bruno Pigozzo: “Il Patriarca Moraglia ha ribadito quello che avevamo sostenuto in commissione. Ci sono spunti di incostituzionalità in questa legge e inammissibili aggravi per istituire un luogo di culto”. Quanto abbia pesato l’intervento di monsignor Moraglia sul dibattito politico, lo si capirà dalla discussione in aula. Improbabile, per oggi, il voto definitivo.

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