La segreteria del Pd dice che il referendum contro le trivelle è inutile, decide di fare campagna elettorale per l’astensionismo senza passare da nessuna riunione di partito e all’interno dei democratici scoppia la rivolta della minoranza. Tra le varie posizioni contrarie alla scelta dei vertici dem non può passare inosservata quella del governatore della Puglia Michele Emiliano, capofila delle 9 Regioni che hanno proposto e ottenuto la consultazione popolare. “È sbagliata e ingiusta la posizione espressa dai vice segretari del Partito che addebita ai promotori del referendum la responsabilità per le spese del referendum”, e la prima ragione è che “se il Governo avesse voluto discutere la materia con la Regioni avremmo potuto certamente evitare il referendum sin dall’inizio” ha detto l’ex sindaco di Bari. Che poi ha aggiunto: “La seconda ragione è che non è certo colpa delle Regioni se il governo non è tecnicamente riuscito a neutralizzare con il suo intervento legislativo anche il sesto quesito sopravvissuto”.

Per il presidente della Regione e segretario uscente del Pd Puglia l’astensione del Pd è strumentale “perché il vero scopo è impedire ad ogni costo il raggiungimento del quorum e negare alla maggioranza del popolo italiano di ripristinare le norme precedentemente in vigore che, evidentemente, non dovevano essere così assurde e demagogiche – ha sottolineato Emiliano – se è vero che applicando queste ultime sono state avviate e svolte con utile gestione tutte le coltivazioni di idrocarburi attualmente in atto in Italia”. Nella lunga nota inviata alle agenzie di stampa, inoltre, il presidente della Puglia ha spiegato che “la maggioranza del Pd, alla quale appartengo essendo stato uno dei sostenitori della attuale segreteria, lunedì voterà a schiacciante maggioranza in direzione – è il parere dell’ex sindaco di Bari – senza nemmeno aver inserito il punto all’ordine del giorno (avremmo potuto farlo in assemblea solo pochi giorni fa) per sanare la posizione di astensione del Pd nel referendum del 17 aprile improvvidamente anticipata”. “Stasera – ha concluso Emiliano – non sono contento del mio partito e del panico in cui cade troppo spesso nei casi in cui la coscienza si divide dalla verità”.

Emiliano, poi, ha ripercorso l’origine cronologica del referendum, ricordando che il motivo dell’azione è stata una “porta inutilmente sbattuta in faccia a tante Regioni che hanno investito per anni nella tutela del mare”. “I Consigli Regionali sono stati costretti a richiedere un referendum contro una legge dello Stato per la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana” ha detto. Per poi aggiungere: “I primi a voler evitare il referendum sono stati i presidenti delle regioni referendarie che delegarono il sottoscritto e il presidente della Basilicata Pittella a chiedere al governo, nella persona del sottosegretario Vicari, un incontro tra Regioni e Governo sulla materia delle trivellazioni, che aveva scatenato l’ira popolare di sindaci, cittadini, operatori turistici e determinato la presa di posizione di molti esponenti della stessa Chiesa Cattolica a seguito della Enciclica di Papa Francesco ‘Laudato Sì’. Durante questo incontro svoltosi nell’agosto del 2015 – ha raccontato Emiliano – il sottosegretario con grande gentilezza prese atto delle nostre rimostranze di fronte al gran numero di permessi di prospezione di ricerca di idrocarburi nello Ionio e nell’Adriatico e si impegnò a convocarci entro la settimana successiva per definire il da farsi. Lo stesso sottosegretario Vicari dopo qualche tempo – è l’attacco finale di Emiliano – ci comunicò che il governo non aveva interesse a effettuare l’incontro con le Regioni”.

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