Tra le novità introdotte dall’ultima legge di Stabilità c’è il leasing abitativo: non si tratta del classico mutuo, ma è una forma di finanziamento che permette di comprare o ristrutturare la prima casa con la banca o un altro intermediario che si impegnano ad acquistarla o farla costruire su scelta e secondo le indicazioni del cliente, per poi metterla a disposizione per un determinato periodo di tempo. Dal canto suo il richiedente verserà una maxi rata iniziale, un canone che tiene conto del prezzo di acquisto o di costruzione e della durata del contratto. E, poi, alla scadenza del contratto, deciderà se riscattare l’immobile a un prezzo stabilito. Altrimenti il cliente potrà chiedere la prosecuzione del contratto di locazione finanziaria o rinunciare definitivamente all’acquisto.

Così, se fino ad oggi il leasing era riservato solo alle aziende per acquistare, ad esempio, le automobili, ora anche alle famiglie si aprono le porte di questo strumento con due modifiche sostanziali, come precisa la Guida sul leasing immobiliare realizzata dal ministero dell’Economia, con l’Associazione italiana leasing e il Notariato: somme e durate contrattuali maggiori e forti agevolazioni soprattutto agli under 35 che potranno acquistare l’immobile anche spendendo meno rispetto al tradizionale prestito ipotecario. E questo nonostante gli attuali tassi di interesse ai minimi storici.

In particolare, i giovani titolari dei contratti stipulati tra il 2016 e il 2020 con reddito complessivo non superiore a 55.000 euro possono portare in detrazione dalla dichiarazione dei redditi il 19% dei canoni di leasing (quota capitale e quota interessi) fino a un importo massimo di 8mila euro annui e il 19% della maxi rata su un tetto di 20mila euro. Mentre nel tradizionale mutuo è possibile detrarre solo il 19% di 4mila euro ma solo per quanto riguarda la quota degli interessi passivi. “Ma se l’età è pari o superiore a 35 anni occorre fare maggiore attenzione”, spiega a ilfattoquotidiano.it Enrico Sironi, consigliere nazionale del Notariato, che aggiunge: “Gli importi su cui calcolare il bonus sono, infatti, ridotti della metà. E in questo caso va valutata bene la convenienza a sottoscrivere il leasing rispetto al mutuo confrontando le condizioni”. Sia per gli under 35 che per gli over 35 il leasing gode, invece, di un’imposta di registro fissa dell’1,5% sul prezzo pagato contro il 2% sul valore catastale per la compravendita collegata al mutuo. E nel leasing non si paga l’imposta sostitutiva (0,25%).

Sulla carta a parità di tasso non c’è partita. L’esempio riportato nella guida di Assilea e del Notariato è chiaro: 34enne con reddito di 32.500 euro che acquista da un privato una prima casa a 150mila euro e si vuole indebitare per 20 anni con tasso del 2,9%. Leasing: maxi canone del 20% sul costo dell’immobile (30mila euro) e prezzo di riscatto del 15% (22.500 euro), per un canone mensile di 592 euro e spesa lorda complessiva (maxicanone + affitto + riscatto) di 194mila euro. Imposte d’atto 3.150 euro, detrazioni fiscali 31mila euro. Il risultato è una spesa netta di 166mila euro. Mutuo: anticipo del 20% sul costo dell’immobile (30mila euro) e finanziamento di 120mila euro, per una rata mensile di 660 euro. Spesa lorda complessiva (anticipo + rate) di 188mila euro, imposte (registro, ipotecaria, catastale, sostitutiva) circa 2.200 euro, detrazioni fiscali 7.200 euro. La spesa netta è quindi di 183mila euro.

Anche se va ricordato che si tratta di calcoli esemplificati, perché ad oggi nessuna banca o finanziaria ha ancora lanciato sul mercato un prodotto di leasing. Serviranno ancora un paio di mesi per sottoscrivere questo strumento.

Gli incentivi, tuttavia, fanno sicuramente gola a una platea potenziale di un milione di famiglie (200.000 giovani tra i 25 ed i 34 anni e oltre 830mila con età superiore a 35 anni ma sempre con un reddito massimo di 55.000 euro) che, di solito, quando entrano in banca per chiedere un finanziamento si ritrovano le porte sbarrate, perché non in grado di soddisfare i requisiti di capacità reddituale richiesti. Innegabile il vantaggio per gli under 35 che non devono neanche garantire il finanziamento con l’iscrizione di ipoteche e anche il sistema bancario trae un beneficio indiretto visto che la società di leasing resta proprietaria dell’immobile finché l’acquirente non avrà finito di pagare.

“Poi, in caso di risoluzione del contratto per l’inadempimento del cliente – sottolinea Sironi – la società ha diritto alla restituzione dell’immobile ed è tenuta a corrispondere solo la differenza che resta dal ricavato dalla vendita, dedotti i canoni scaduti e non pagati, le spese condominiali eventualmente sostenute (assicurazioni, costi tecnico/legali, etc.) e il prezzo pattuito per il riscatto finale. E, se da tale operazione derivasse un saldo negativo, il cliente dovrà comunque dare la differenza. È proprio sull’aspetto dell’inadempimento e della modalità di ricollocazione sul mercato dell’immobile che – conclude il notaio – occorre fare maggiore attenzione. Banche e società di leasing non fanno beneficenza e, anche se nel leasing è prevista la possibilità di sospendere il pagamento del canone per 12 mesi in caso di perdita del lavoro, qualora non si riesca più a pagare regolarmente e il cliente si renda inadempiente, la società di leasing può sfrattare l’utilizzatore e vendere subito la casa. E’ opportuno, quindi, regolare le modalità di alienazione fin dal contratto iniziale, magari prevedendo il ricorso ad aste pubbliche gestite dal notaio”.

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