Mario Draghi chiude la porta in faccia all’Italia e nega che la Banca centrale europea stia discutendo con il Tesoro della possibilità di comprare, nell’ambito del suo programma di acquisto di titoli (quantitative easing), anche le obbligazioni che incorporeranno i crediti a rischio delle banche della Penisola. “Non c’è nessun negoziato con l’Italia sull’acquisto di sofferenze” delle banche, “non compriamo assolutamente niente”, ha detto Draghi lunedì parlando al Parlamento Ue. In mattinata l’agenzia Reuters aveva attribuito a fonti di via XX Settembre la notizia che la Bce fosse “in trattative con il governo italiano circa l’acquisto di pacchetti di prestiti in sofferenza e la loro accettazione come collaterale da parte delle banche in cambio di liquidità”. “Non so da dove prenda questa storiella“, ha rincarato il presidente della Bce rispondendo all’eurodeputato vallone Sander Loones. Poi ha precisato che solo in atto valutazioni “solo per vedere se le sofferenze in Abs (asset backed securities, cioè appunto le obbligazioni che saranno emesse per finanziarsi dai veicoli ad hoc creati da ogni singola banca, ndr) potrebbero essere accettate come collaterali, il che è diverso da acquistarle”.

Frenata anche sulle richieste dei “falchi” del Nord Europa – Draghi in compenso ha anche frenato su una richiesta avanzata a più riprese dal fronte tedesco e dai Paesi economicamente forti del Nord Europa: che i titoli di Stato in pancia alle banche non siano più considerati in tutti i casi privi di rischio (“risk free”), bensì vengano valutati caso per caso. Per cui quelli degli Stati “deboli” dell’Eurozona, tra cui l’Italia, dovrebbero essere soggetti a un limite massimo in rapporto agli attivi o in alternativa determinerebbero la necessità di aumentare gli accantonamenti patrimoniali. “Dobbiamo vedere quello che succede anche in altre giurisdizioni, non possiamo prendere da soli come Ue una decisione”, ha commentato Draghi. “E’ una questione da affrontare con molta ponderazione e in modo graduale” e spetta al Comitato di Basilea “tradurre le regole in norme di carattere generale”.

“Le nuove regole hanno contribuito al crollo delle banche” – Il numero uno dell’Eurotower ha poi riconosciuto che le nuove regole europee hanno avuto un ruolo nell’ondata di vendite che ha colpito il settore del credito nelle ultime settimane: “La caduta dei titoli bancari è stata amplificata dalla percezione che le banche potrebbero dover fare di più per aggiustare i loro modelli di business a un ambiente di bassa crescita e bassi interessi e al rafforzato quadro regolatorio messo in piedi dall’inizio della crisi”, ha spiegato agli europarlamentari riuniti a Bruxelles. Ciò non toglie che, secondo il numero uno dell’Eurotower, “bisogna riconoscere che le regole hanno messo le basi per un aumento della resilienza per tutto il settore finanziario”: hanno “riserve di capitali maggiori e di migliore qualità, hanno ridotto la leva finanziaria e migliorato i loro profili di finanziamento”.

Il bail in “cambiamento per il meglio. La maggior parte dei Paesi ha le stesse regole” – Quanto alla discussa norma sul bail-in, di cui Bankitalia e il Tesoro italiano chiedono ora fuori tempo massimo una revisione, per Draghi rappresenta un “cambiamento notevole che riteniamo per il meglio, perché in questo modo i soldi dei contribuenti non saranno più utilizzati come malauguratamente è successo durante la crisi. La maggior parte dei Paesi ha più o meno le stesse regole“, ha affermato, che “possono funzionare bene se le banche dispongono di una capacità di assorbimento delle perdite sufficiente”. E oggi gli istituti di credito di “importanza significativa” nell’eurozona “hanno capacità sufficiente”. Per di più le nuove regole sul salvataggio a carico di azionisti e obbligazionisti “sono appena entrate in vigore”, per cui “già pensare a una revisione mi sembra difficile”. In compenso “che sia necessaria informazione sulle regole è assolutamente importante, quel che le recenti esperienze in Italia e Portogallo dimostrano è che le regole sono state votate e approvate due anni fa” e ora “occorre fare di tutto per aiutare i risparmiatori a capirne l’importanza”.

“Politiche di bilancio devono sostenere la ripresa con investimenti e tagliando le tasse” – Oltre al quadro regolatorio, comunque, sull’andamento del comparto bancario ha pesato il “deterioramento del sentimento economico”, che “nel tempo è diventato più volatile e suscettibile a cambiamenti rapidi. In questo ambiente i prezzi in Borsa sono scesi e i titoli bancari sono stati particolarmente colpiti, sia globalmente che in Europa, riflettendo l’alta sensibilità del settore alla prospettiva economica più debole del previsto”. Ma gli investitori, secondo Draghi, devono tenere presente che “la maggior parte delle banche della zona euro hanno un’esposizione relativamente limitata ai mercati emergenti e ai paesi produttori di materie prime” e “oggi sono quotate ben al di sotto dei loro valori contabili”.

In questo contesto “diventa sempre più chiaro che le politiche di bilancio debbano sostenere la ripresa attraverso investimenti pubblici e tassazione bassa“. Finora, secondo Draghi, i governi hanno fatto troppo poco: “Circa metà della ripresa degli ultimi due anni può essere attribuita alle scelte della Bce: anzi, negli ultimi quattro anni la nostra è stata l’unica politica di stimolo” nell’Eurozona, ha rivendicato. Inoltre servono anche “misure strutturali per migliorare l’ambiente degli affari e le infrastrutture pubbliche sono vitali per aumentare gli investimenti pubblici, aumentare il lavoro e la competitività“. Tuttavia le politiche espansive non devono mettere a rischio i conti pubblici: “Rispettare le regole del Patto di stabilità e crescita resta essenziale per mantenere la fiducia nel quadro”.

A marzo revisione della politica monetaria – Dal canto suo, come già annunciato, la Bce intende “rivedere ed eventualmente riconsiderare la politica monetaria durante la prossima riunione del consiglio direttivo, il 10 marzo. Le decisioni su una revisione del quantitative easing e su un eventuale nuovo taglio dei tassi sui depositi delle banche presso l’istituzione di Francoforte dipenderanno da “dimensione e persistenza” del caduta dei prezzi del petrolio e delle materie prime e dallo “stato di trasmissione” degli stimoli monetari al sistema finanziario “e in particolare alle banche”. “Se uno o entrambi di questi fattori ponessero rischi alla stabilità dei prezzi – ha concluso – non esiteremo ad agire”.

Infine Draghi ha chiarito che sull’abolizione delle banconote da 500 euro non è ancora stata presa alcuna decisione. “C’è una sempre maggiore convinzione nell’opinione pubblica che i tagli più grandi siano utilizzati per scopi criminali“, ha ribadito, e “in questo contesto la Bce sta valutando di intervenire, ma nel caso dovremo farlo con enorme cautela. In ogni caso non vogliamo ridurre la liquidità in circolazione”.

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