Dialetti sempreverdi

2004. La Padania approfitta della riforma del codice della strada per dotare di una doppia indicazione, in italiano e in dialetto, i cartelloni stradali (Bergamo/Berghem). La goliardica Roma di Pasquino di tanti libri e tanti film, come Nell’anno del Signore di Luigi Magni, risponde per le rime: uno spassoso libretto di Tonino Tosto, intitolato Roma de cartello (Roma, Edizioni Edup), traduce in romanesco insegne di negozi e segnali stradali. Il dosso diventa un saliscegne, lo stop uno stoppe, l’incrocio pericoloso un capocroce a risico, il segnale di rimozione della vettura abbada, te se la caricheno. Una salita ripida? Salita si je la fate. Attenti al tram? Abbadate ar tranve. Il divieto di inversione a U? Proibito annà a cartoccio. La sosta vietata? Qua nun ve potete appoggià. I lavori in corso? Stamo a lavorà. Il tutto accompagnato da vignette e da sestine che avrebbero fatto invidia al grande Belli.

2005. Rai Tre trasmette in estate Walter e Giada, una real fiction ideata da Fabrizio Rondolino e Simona Ercolani. È una versione, sempre in romanesco, dei Promessi Sposi. La voce narrante fuori campo, nei panni di Manzoni, è di Nino Castelnuovo. L’Innominato è un onorevole, Don Rodrigo un affermato notaio della capitale. Renzo fa il tassista, Lucia è una prosperosa ragazzotta dalla vocina irritante; si scambiano di continuo tottiani amo’ e teso’, intervallati dalle uscite bonariamente scorrette di Agnese contro i “selvaggi” thailandesi.

2009. Il 18 agosto esce su Il Mattino, in prima pagina, una scoppiettante traduzione napoletana di un discorso di Umberto Bossi, “affidato ai dispacci Ansa”; la firma è del leader leghista, ma l’autore è un linguista e un dialettologo (Nicola De Blasi). Il pezzo iniziava così: “Quanno cantammo l’inno nuosto, ’o Va’ penziero, tutte quante ’o cantano pecché ’e pparole ’e ssanno tutte quante, no comme a chillo italiano ca nun ’o sape nisciuno. Si tutto nu popolo, meliune e meliune ’e perzune, sanno ’o Va penziero e ’o cantano cu piacere, vò ricere ca int’’o core r’’a gente sta cagnanno tutte cose, anze tutt’è cagnato già. All’alta Italia, int’’e scole r’’a Patània, comme inno r’’a Nazione nun faceveno ’mparà Fratelli d’Italia, ma ’O Piave murmuliava”.

Tutte le strade (espressive) portano a Roma

La versione partenopea del “puro pensiero bossiano” si concludeva con la sostituzione di “Roma mariola” a “Roma ladrona”. Sempre lei, la capitale. In Roma de cartello ce la figuravamo percorsa da automobilisti o pedoni, nel Rosiko! viene calpestata da eserciti in guerra.

Scioperi dei mezzi pubblici, cortei e manifestazioni, maltempo e strade dissestate, presenza di isole pedonali. Una breve lista di “pericoli romani” facilmente estensibile. Chiunque voglia impegnare la propria armata in un’offensiva, anche solo contro il quartiere più vicino, pensi bene a tutte le sue mosse: i suoi soldati potrebbero rimanere imbottigliati nel traffico. Un rischio da correre, in ogni caso, per il piacere di invadere la Garbatella o espandere il proprio dominio al di fuori del Grande Raccordo Anulare, fino a Settecamini o a Tor Vergata. E vuoi mettere la conquista della Jacuzia a fronte dell’ebbrezza di poter sottomettere l’Urbe Antica?

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L’idea è venuta a due giovani, Niccolò Gori Sassoli e Giovanni Belia (rimproverati per avere però escluso alcuni quartieri romani dal loro gioco), ma il loro Rosiko! non è stato il primo. Nel dicembre del 2012 la Materatown Games aveva lanciato il suo: i giocatori, “dopo aver estratto il nome di un politico e/o di un alto dirigente della Regione Basilicata d[ovevano] indovinare il suo ultimo reddito dichiarato e, ove presente, il numero di immobili posseduti e/o le auto di proprietà”. Nel maggio del 2013 sarebbe stata la volta del Rosiko! Distruggi i nemici di Salerno ideato dai Figli delle Chiancarelle, oppositori di Vincenzo De Luca (allora sindaco della città) e già ideatori di un Salernopoly.

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Sulle carte del Rosiko! romano, rimbalzato alle cronache a metà gennaio 2014 ma già annunciato su Twitter, dalla Tic Edizioni, alle 9.29 del 12 dicembre 2013, si stagliano le figure dell’inflessibile vigile impersonato da Alberto Sordi, di un condottiero a cavallo che arieggia il Marco Aurelio già svettante in Campidoglio, di una bella bicicletta. Desiderio impossibile per un romano. Più chimerico di un’astronave.

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