“Ho conosciuto Pier Luigi Boschi a Roma nella primavera del 2014, ci siamo incontrati tre volte sempre informalmente”. Flavio Carboni, l’uomo che ha attraversato i fascicoli giudiziari dell’intera storia della Repubblica, conferma al Fatto di aver conosciuto il padre del ministro Maria Elena Boschi, fresco di nomina a vicepresidente dell’istituto di credito. Della banca, dice Carboni, “non abbiamo mai parlato direttamente tra di noi”. Ma fu lui a individuare, su richiesta di Boschi, la persona “ritenuta adeguata per il ruolo di direttore generale dell’istituto”. Afferma: “Io segnalai Fabio Arpe (finanziere e fratello del più noto Matteo, ndr), nome che poi fu riportato a Boschi ed è stato proposto in consiglio di amministrazione”. Boschi dunque interviene attivamente sull’assetto bancario tentando di inserire persone suggerite da una sua rete di amicizie. In particolare di una: Valeriano Mureddu, imprenditore 46enne di origini sarde, cresciuto a pochi passi da casa Renzi a Rignano sull’Arno e poi stabilitosi ad Arezzo.

Mureddu è l’uomo chiave dell’intera vicenda in parte anticipata ieri da Libero. Lui è amico sia di Carboni sia di Boschi ed è lui che organizza gli incontri tra i due, è lui che raccoglie la richiesta di Boschi per individuare un nome e la porta a Carboni, ed è sempre lui che riceve il nome di Arpe da Carboni e lo comunica a Boschi. Lo conferma lui stesso, contattato telefonicamente dal Fatto. “Non c’è nulla di male a rivolgersi alle persone che si ritengono intelligenti e affidabili”, premette Mureddu. “Quando Boschi, parlando a tavola del più e del meno, mi ha chiesto se per caso conoscessi qualcuno da inserire in banca, ho pensato di rivolgermi a chi sapevo avere una rete affidabile di persone”. Quindi contatta Carboni, “che stimo profondamente”, spiega. “Gli presentai Boschi e poi gli chiesi se conosceva qualcuno, nulla di straordinario”.

Certo è che Mureddu ha ottimi rapporti con l’universo renziano. Conosce benissimo il premier e suo padre Tiziano ma, dice, “non li ho più sentiti da quando lui è diventato presidente del Consiglio, per non dar adito a strani pensieri”. E sui rapporti con Boschi, invece, sostiene di essere in amicizia. “Mi occupavo di agricoltura ad Arezzo e per questo lo conobbi, gli chiesi consiglio per delle vigne”. E poi lui ha chiesto consiglio per la banca? “Non mi ha dato alcun incarico, chiariamo”, si schermisce Mureddu. “Semplicemente mi ha chiesto un consiglio come si fa tra persone che si stimano”.

Il vicino di Tiziano: “Amici, non massoni” – A fare ombra sull’intera vicenda è la massoneria che da sempre aleggia attorno all’universo renziano, ma di cui ancora non è mai stata individuata traccia. Sia la Procura di Arezzo sia quella di Perugia smentiscono l’esistenza di un fascicolo aperto su una loggia segreta, come riportato ieri da Libero. Ma fonti giudiziarie del capoluogo umbro sono impegnate da tempo in un’operazione di monitoraggio della realtà massonica da sempre molto attiva nel triangolo tra Firenze, Perugia e Arezzo. Mureddu, indicato da Libero di ieri come massone, smentisce e anzi ne ride: “Siamo al solito ridicolo grottesco correre contro i fantasmi, siamo amici, non massoni”. Certo è che Carboni è a processo per la cosiddetta loggia P3, dopo essere stato in rapporti con Licio Gelli. Inoltre, nell’intera vicenda, c’è un altro personaggio vicino all’ex Venerabile, l’unico a essersi presentato ai suoi funerali ad Arezzo: è Gianmario Ferramonti. È a lui, infatti, che Carboni si rivolge dopo aver ricevuto la richiesta di individuare un direttore generale per Banca Etruria. “Flavio mi chiamò per chiedermi se conoscevo qualcuno di valido”, conferma al Fatto Ferramonti. “Io gli dissi che lo conoscevo sì, uno veramente bravo e capace, una persona seria e preparata e gli feci il nome di Fabio Arpe”. Ferramonti organizza anche l’incontro a Roma tra i due. “Gliel’ho presentato, si sono parlati e poi non so come sia andata: ma dovremo smetterla di buttarla in complotti e massoneria, sono solo rapporti neanche tra amici ma tra persone che si stimano”.

Il vicepresidente e l’uomo dei misteri  Ma perché Boschi nella primavera 2014, quindi appena nominato vicepresidente della banca e due mesi dopo l’ingresso della figlia Maria Elena nel governo, incontra Flavio Carboni? Che per quanto sia stimato dai suoi amici e conoscenti è un personaggio pubblico finito in numerose e gravi vicende giudiziarie? E perché si incontrano altre due volte e chiede a Mureddu, la persona che li ha fatti conoscere, di individuare l’uomo da inserire come direttore generale, sapendo che Mureddu sarebbe andato proprio da Carboni? A queste domande Pier Luigi Boschi ieri non ha voluto rispondere. Carboni garantisce che con il padre del ministro “non si è creata alcuna consuetudine, seppure mi sia apparsa una brava persona”; mentre Mureddu sostiene che non ci sia stata alcuna richiesta diretta di rivolgersi a Carboni: “La scelta è stata esclusivamente mia perché, lo ribadisco, di Flavio ho un’ottima considerazione e fiducia, quindi mi sono rivolto a lui”. Insomma: è tutta una catena di persone legate da semplici rapporti di amicizia e stima. Certo è che questa catena ha comunque raggiunto l’obiettivo voluto: individuare un nome, quello di Fabio Arpe. E questo nome è stato poi portato in consiglio di amministrazione di Banca Etruria come possibile direttore generale nella seduta del 23 luglio 2014 e proposto direttamente dall’allora presidente dell’istituto di credito, Lorenzo Rosi. Alla riunione successiva, il 13 agosto 2014, la sua candidatura cade e gli viene preferito Daniele Cabiati, ex Banca Popolare di Milano.

La banca era già da tempo sotto osservazione della vigilanza di Banca d’Italia, il cda era già stato multato per oltre 2 milioni di euro e numerose contestazioni. Pure Boschi aveva ricevuto una sanzione da 144 mila euro da Palazzo Koch, seppure poi, nonostante questo, sia stato nominato da consigliere di amministrazione a vicepresidente. L’Etruria già navigava verso il disastro finanziario. E il padre del neoministro pensa di risollevarla nominando direttore generale un uomo indicato da Carboni.

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