La quota del debito pubblico italiano in mano a investitori stranieri è salita a novembre 2015 al 39% del totale. Una percentuale inferiore di 12 punti percentuali rispetto al livello raggiunto prima della crisi, ma più alta di quattro punti se il confronto è con il picco negativo toccato nella prima metà del 2012. In progressivo calo, invece, la fetta dei 2.211 miliardi di debito nel portafoglio delle famiglie italiane: è pari al 5,9% contro l’8,6% del quarto trimestre 2014. Stabile rispetto al 2014 ma in calo rispetto ai valore del 2013, durante la crisi dei debiti sovrani, la percentuale acquistata da banche, assicurazioni e altri investitori italiani: sempre a novembre dello scorso anno risultavano avere nel complesso il 44,2% del debito pubblico della Penisola. I dati risultano dal supplemento al bollettino di Finanza pubblica della Banca d’Italia.
Stando alle rilevazioni di Via Nazionale gli investitori stranieri hanno Bot, Btp, Cct e altri titoli di debito per 776 miliardi sui 2211 totali del debito. Praticamente invariata a 401 miliardi i titoli in mano agli istituti di credito mentre salgono a 159 miliardi, l’8% del totale, quelli detenuti da Palazzo Koch: è l’effetto del programma di quantitative easing, nel cui ambito le banche centrali nazionali comprano titoli per conto della Banca centrale europea.
Il debito nel suo complesso è rimasto sostanzialmente invariato rispetto al mese precedente, a 2.211,9 miliardi. Il fabbisogno complessivo del mese (7,8 miliardi),è stato compensato dalla diminuzione delle disponibilità liquide del Tesoro per 7,3 miliardi. Il debito delle amministrazioni centrali è diminuito di 0,6 miliardi mentre è aumentato di altrettanto quello degli enti locali.
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