C’è chi lo vede mezzo pieno. C’è chi lo vede mezzo o totalmente vuoto. Il bicchiere che rappresenta l’anno che ci lasciamo alle spalle cambia a seconda dei punti di vista e delle opinioni politiche. È una discussione legittima, connaturata a ogni democrazia, alla quale però oggi noi qui a ilfattoquotidiano.it preferiamo non partecipare. Se ci avete seguito i numeri e le storie del 2015 del resto le conoscete già.

Dopo 3 anni il Pil è tornato finalmente in positivo. Ma il più 0,8 per cento che l’Italia forse riuscirà a raggiungere è meno della metà della media europea (previsione +1,9) e sopratutto ci dice che tranne Grecia, Austria e Finlandia tutti gli altri hanno fatto meglio di noi. E se è giusto abbozzare un timido sorriso di fronte al tasso di disoccupazione che secondo le ultime rilevazioni è sceso dal 13,2 all’11,5 per cento, bisogna anche ammettere che i 3 miliardi di euro di sgravi contributivi e il Jobs act non sono serviti per far decollare i contratti a tempo indeterminato. A ottobre del 2014 avevano il posto fisso 14 milioni e 515 mila italiani, diventati 14 milioni e 527 mila dodici mesi dopo. Fatti i debiti conti salta fuori che ogni posto fisso in più (ma con libertà di licenziare) è costato alla collettività 250mila euro. Non bisogna essere dei gufi per dire, con assoluta serenità, che si poteva e doveva fare di meglio. Anche perché il prezzo del petrolio è ai minimi, il denaro grazie alle Bce non costa quasi niente e l’euro si è svalutato sul dollaro.

Cercare di infondere ottimismo tra i cittadini come fa il premier non è però sbagliato. Molti italiani in questi anni hanno continuato a risparmiare: se vedono un po’ di rosa nel loro futuro può darsi che ricomincino a spendere. Nel 2015 le stime dicono che dopo la gelata della crisi l’aumento dei consumi è stato di poco superiore all’1% e che solo nel 2020 si tornerà ai livelli di un tempo. Vedremo che accadrà l’anno prossimo. Noi qui però pensiamo che senza una svolta etica l’Italia ben difficilmente cambierà verso.

Matteo Renzi accanto al linguaggio della speranza dovrebbe trovare il coraggio di usare anche quello della verità. Definire, per esempio, “macchiettistica la rappresentazione di intere regioni in mano alla criminalità organizzata”, come ha fatto il presidente del Consiglio il 15 settembre, serve forse per rassicurare qualche capo-bastone elettorale locale, può garantire voti e prebende, ma blocca il ricambio delle classi dirigenti. Il risultato è che il Pd, in Sicilia come in Calabria e in Campania, imbarca di tutto. E con gli uomini e donne sbagliati nei posti di comando il Paese non andrà molto lontano. Vinceranno come sempre gli sprechi, l’inefficienza e e gli appalti gonfiati (in media del 30 per cento) dal prezzo delle mazzette.

Anche per questo in questi 12 mesi, pur dando atto che qualcosa nel campo delle leggi anticorruzione è stata fatta, ci siamo occupati tanto di scandali, inchieste giudiziarie e di criminalità organizzata. Vi abbiamo raccontato mafia capitale, la ‘ndrangheta al nord e le infiltrazioni della camorra. Vi abbiamo ricordato che le mafie, tradizionalmente, si mettono al vento e tentano di schierarsi con chi prevedibilmente vincerà. Per questo abbiamo deciso di pubblicare molti articoli sul caso del comune milanese di Sedriano, dove uno dei candidati 5 stelle risultava aver avuto legami con i clan, e su quello di Quarto nel napoletano dove, secondo la procura, un consigliere ha addirittura tentato di ricattare il sindaco del suo stesso movimento. La funzione di un giornale on line come il nostro è infatti quella raccontare al meglio il mondo. È quella di rendere noti i fatti ai cittadini dando modo, a chi può e chi vuole, di correre ai ripari. A Sedriano questo è accaduto: il candidato protagonista dei nostri pezzi ha firmato le dimissioni in bianco. A Quarto invece la situazione è più confusa. Il consigliere sotto inchiesta ha gettato la spugna, ma il sindaco, che non ha denunciato autonomamente le pressioni, vuole rimanere al suo posto. Non abbiamo la sfera di cristallo. Non sappiamo quali altre sorprese ci riserverà l’indagine campana per voto di scambio e tentata estorsione. Sappiamo però che la questione Quarto nel 2016 sarà una delle questioni centrali su cui si misurerà la credibilità dei 5 stelle agli occhi degli elettori.

Nel 2015 ilfattoquotidiano.it si è comunque occupato anche di altro. Come di consueto abbiamo insistito molto sulla banda larga che in Italia non c’è ancora. Vi abbiamo parlato di innovazioni tecnologiche avvertendo che col ritmo a cui viaggiamo il nostro Paese non riuscirà a tenere fede agli impegni previsti da agenda digitale per il 2020. Abbiamo denunciato i ritardi e le scelte sbagliate sulla green economy. Abbiamo continuamente dibattuto nei nostri blog su tasse, euro ed Europa. Senza però mai dimenticare le nostre colpe. Non per niente abbiamo scritto tanto anche di noi, degli italiani. Di un popolo che mentre giustamente rivendica i suoi diritti (a partire da quelli civili), troppo spesso scorda i suoi doveri. Abbiamo insomma cercato di essere seri, senza essere noiosi. Anche per questo, spesso e volentieri, ci siamo dedicati a argomenti più leggeri: spettacoli, tv, canzoni, sport.

Abbiamo commesso degli errori, come ovvio. Ma voi che ci seguite ci avete premiati. I dati censuari di Audiweb dicono che tra gennaio e novembre siamo passati dai 670mila utenti unici medi al giorno del 2014 agli oltre 865mila di oggi, con un aumento di circa il 30 per cento. La classifiche di Comscore raccontano che ilfattoquotidiano.it è stabilmente il terzo sito generalista di news italiano (quelle di Audiweb ci danno un poco più sotto). Per questi ottimi risultati non posso che ringraziare voi lettori, i nostri quasi mille blogger e soprattutto la redazione. Tutti, dai giornalisti ai tecnici, hanno sempre lavorato molto più del dovuto per far fronte alla carenze di organico sofferte rispetto agli staff dei nostri concorrenti.

Qui a ilfattoquotidiano.it sappiamo del resto bene di essere soli. La nostra unica forza siete voi lettori. Solo ottenendo il vostro apprezzamento, solo cercando di ascoltare le critiche che ci rivolgete possiamo sperare di diventare ancora più grandi. Veder crescere il nostro traffico è infatti il solo modo per raccogliere abbastanza investimenti pubblicitari per ripagare la nostra struttura. A differenza di altri non abbiamo alle spalle finanziatori pubblici o ricchi soci privati. Così per ora il milione e passa di euro che manca al nostro sito per andare in pareggio è ancora colmato dai ricavi prodotti dall’eccellente lavoro dei colleghi de Il Fatto Quotidiano, diretto da Marco Travaglio. Abbonarsi al Fatto vuole dunque dire sostenere pure questo sito. Per questo, ancora una volta, chiedo a chi può di farlo.

Nel 2016 ilfattoquotidiano.it inaugurerà nuove sezioni, si aprirà ai contenuti inviati dagli utenti e darà nuove possibilità ai lettori di partecipare alla vita di redazione. Continueremo a dire quello che troppo spesso gli altri non dicono. Ma proveremo a farlo insieme a voi.

Se volete e potete restateci vicini.

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