Appena uscito dal carcere si era messo di nuovo al lavoro per “permettere di far entrare in Europa soggetti in qualche modo legati all’area del fondamentalismo islamico combattente”, considerati vicini alla pericolosa cellula terroristica italiana del gruppo Ansar Al Islam. Ed era in contatto con alcuni dei suoi componenti, come dimostrano le intercettazioni, arrestati nei giorni scorsi su disposizione della Procura di Roma. La Dda di Bari e la Digos della Questura hanno arrestato Muhamad Majid, 45enne iracheno, per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nell’ambito di una indagine sul terrorismo di matrice islamica. In tutto gli indagati sono una decina: avrebbero fornito supporto logistico a foreign fighter. Quello di Muhamad Majid non è un nome nuovo per gli investigatori italiani, visto che nel nostro Paese ha già scontato 10 anni di carcere per terrorismo internazionale dopo un’indagine della Procura di Milano proprio su Ansar Al Islam. “Il perimetro di questa operazione è il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, non ci sono al momento elementi che ci portino a pensare che stessero pianificando un’azione terroristica a Bari, sul territorio nazionale o a livello internazionale”, ma “le indagini sono ancora in corso” ha sottolineato il questore di Bari, Antonio De Iesu.

“Dopo il carcere voleva accreditarsi di nuovo dentro Ansar Al Islam”
L’inchiesta che ha portato all’arresto del 45enne è iniziata a febbraio 2015, quando, dopo una perquisizione all’interno di un appartamento al quartiere Libertà di Bari, è stata constatata la presenza di un gruppo di extracomunitari (di varia cittadinanza, soprattutto iracheni e iraniani). Erano in 14, tutti, in qualche modo, soggiornanti in modo regolare sul territorio nazionale o richiedenti asilo. E’ stato “accertato – è scritto negli atti – che l’indagato si è ricollegato alla rete della cellula terroristica per la quale ha subito la condanna poi scontata. Infatti, Muhamad Helkawt, Tielaco Nadia Wali, Nadem di Dubai, Khaled Muhamad Amin Rashid, Ali Abdulla Salih, Kawa Kawa, Ridha Shwan Jalal, sono tutti personaggi con cui l’indagato riprende i contatti dopo il lungo arco temporale di cui si è detto ed ognuno di essi, in un modo o nell’altro, può considerarsi contiguo alla più volte citata organizzazione ‘Ansar Al Islam’, sia pure con modalità differenti”. “Prova ne sia il fatto – scrive la Dda – che nelle conversazioni telefoniche che ciascuno dei predetti intrattiene con Majid, quest’ultimo viene chiamato dagli stessi ‘Mullah Fouad’, vale a dire il nome con cui lo stesso indagato era individuato nel contesto dei suoi trascorsi all’interno di ‘Ansar Al Islam’. Risulta di tutta evidenza, quindi, l’intento di Majid di riaccreditarsi nuovamente agli occhi dei suoi interlocutori e di rappresentare per essi ancora un punto di riferimento importante nel gruppo di matrice terroristica già menzionato”. Nell’ambito dell’indagine, il 30 giugno scorso, la polizia ha compiuto perquisizioni a Parma e Bolzano nelle quali sono stati sequestrati notebook, smartphone, pen-drive e dvd, oltre a documentazioni in lingua araba e curda.

I contatti con l’imam di Molenbeek e le lettere sull’Isis
Nel corso della perquisizione di febbraio, Muhamad Majid è stato trovato in possesso di alcuni documenti che provavano il suo collegamento con Ayachi Bassam, noto imam di Molenbeek (Bruxelles) da dove provenivano alcuni attentatori di Parigi, già arrestato dalla Digos di Bari nel maggio del 2009 per associazione con finalità di terrorismo, condannato in primo grado ma poi assolto dalla Corte di appello. I due potrebbero essersi conosciuti durante la detenzione nel carcere di Benevento. Gli agenti hanno trovato anche molte cartoline, sul cui retro erano riportate, frasi in lingua araba. Si tratterebbe di messaggi scambiati con altri detenuti negli anni della sua carcerazione, tutti accusati di reati di terrorismo internazionale. “Fratello prediletto Abu Abd Rahman – è scritto in una cartolina – grazie a Dio io sto bene, sia Lode a te Dio Onnipotente che ci guidi. Mi pento verso di lui e chiedo una vita felice, la morte dei martiri e la vittoria sui nemici”. In un altro messaggio è menzionato l’Isis, “in un momento storico in cui, in realtà – sottolineano gli inquirenti baresi – la denominazione Isis non ancora contraddistingueva i seguaci del cosiddetto ‘Stato Islamic0’, perlomeno nei resoconti di cronaca di quel periodo (giugno 2011). Infatti, l’unico riferimento a una possibile notizia che riguardasse l’Isis nel giugno del 2011, reperito da fonti aperte, è quello relativo all’inizio della rivolta armata in Siria”.

In Italia già condannato a 10 anni per terrorismo internazionale
In passato, Muhamad Majid era già stato condannato per terrorismo. Stando alle indagini della Procura di Milano, confermate da una sentenza ormai passata in giudicato, il 45enne apparteneva alla cellula Ansar Al Islam, con base a Parma, e inserita nella black list dei gruppi terroristici internazionali, fondata nel 2001 da parte dell’emiro Mullah Krehar che attualmente ha base in Norvegia. Muhamad aveva il ruolo – come si legge negli atti notificati dalla procura di Bari – di “raccordo tra i capi dell’organizzazione transnazionale e l’attività dei membri della cellula italiana, con particolare riferimento all’approvvigionamento di documenti falsi” e all’accoglienza “in alcuni campi di addestramento dislocati nel Kurdistan e nella Siria, volontari per la jihad reclutati in Europa”. L’organizzazione – sempre secondo quanto accertato dagli investigatori di Milano – avrebbe fatto arrivare, in quegli anni, sullo scenario di guerra irachena centinaia di combattenti di cui almeno cinque sarebbero morti in attentati kamikaze contro obiettivi americani.  Nell’ottobre del 2002 Majid Muhamad aveva lasciato l’Italia per recarsi in Siria da dove faceva la spola con il Kurdistan iracheno, occupandosi di gestire i volontari che dall’Italia venivano inviati dalla rete riconducibile ad Ansar al Islam nei campi di addestramento per poi combattere contro l’esercito americano.

Libero dopo aver vinto ricorso contro l’espulsione
Muhamad Majid è libero da gennaio scorso dopo aver scontato la condanna e aver vinto un ricorso presentato al Tribunale di Cosenza contro un provvedimento di espulsione emesso alcuni mesi prima dal prefetto della stessa città calabrese. Dopo il provvedimento di espulsione, infatti, l’uomo era stato trasferito nel Cie di Bari e, una volta vinto e tornato in libertà, aveva deciso di restare nel capoluogo pugliese. Qui nel giro di pochi mesi – secondo quanto emerso dalle indagini – avrebbe intrecciato una serie di rapporti e conoscenze con cittadini extracomunitari di varie etnie (marocchini, tunisini, georgiani) dai quali sarebbe stato riconosciuto come leader. Dall’esame dei tabulati telefonici dell’utenza utilizzata da Majid Muhamad da gennaio scorso risulterebbero chiamate in arrivo o partenza verso svariati numeri internazionali di stati esteri tra i quali, oltre all’Iraq dove il 45enne ha moglie e figli, Francia, Germania, Regno Unito, Repubblica Ceca, Tunisia, Norvegia, Grecia, Svizzera, Romania e Afghanistan. Su queste utenze internazionali sono in corso verifiche da parte di procure estere. Molti di questi contatti, secondo gli inquirenti dell’Antimafia di Bari, sarebbero con soggetti contigui alla cellula terroristica di Parma, dimostrando che dopo anni quel gruppo si sarebbe ricostituito.

Il giallo sul passaggio si Salah dal porto di Bari
Tra le persone con cui Majid Muhamad ha avuto contatti nei mesi dell’indagine barese c’è un cittadino iracheno Ridha Shwan Jalal, arrestato nel porto di Bari il 5 agosto 2015 mentre tentava di imbarcarsi per la Grecia con documenti falsi. Alcuni mesi prima aveva chiesto in una agenzia viaggi di Matera il preventivo per 20 biglietti aerei per altrettanti cittadini iracheni che sarebbero partiti in gruppi di cinque dall’aeroporto di Sulayrmaniyah (nella regione del Kurdistan iracheno), alla volta di Parigi con uno scalo intermedio ad Istanbul (Turchia), forse proprio su richiesta di Majid Muhamad che gli aveva telefonato alcuni giorni prima per commissionarne “uno”.  Dopo l’arresto nel porto di Bari Rhida Shwan Jalal (che era in attesa di riconoscimento della Protezione internazionale, poi rigettato), è stato scarcerato e ha fatto perdere le proprie tracce. Potrebbe trattarsi soltanto di una coincidenza, ma Jalal è passato dal porto di Bari lo stesso giorno in cui faceva ritorno in Italia attraverso lo stesso scalo pugliese Abdeslam Salah, il terrorista ricercato per gli attentati a Parigi del 13 novembre scorso.

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