Dunque. Adesso abbiamo un’altra certezza. Sapevamo già che nessuno ha messo la bomba di Piazza Fontana; nessuno ha provocato una strage a Brescia; nessuno ha fatto esplodere il treno Italicus… Adesso il quadro diventa più chiaro: nessuno – degli incorrotti politici della prima Repubblica – ha trattato con la mafia.

Questo vogliono farci credere i “grandi” opinionisti dei giornaloni. E’ una manipolazione della verità. La sentenza (provvisoria) dice che Mannino non ha commesso il fatto, ma – appunto – il reato sussiste e il processo agli altri imputati (da Dell’Utri a Mancino) continua.

Stupisce, tuttavia, il giubilo di molti intellettuali. Ricorre il quarantesimo anniversario della morte di Pasolini. Molti ne hanno parlato, e subito lo tradiscono. Gli “rendono omaggio” (si fa per dire), ribaltando il suo celebre “Io so”. La grande stampa ha preso al volo la ghiotta notizia dell’assoluzione di Mannino: “Colpo al processo sulla trattativa”. Passa in secondo piano la bomba dell’Isis sull’aereo russo; in quattordicesima pagina il riciclaggio in Vaticano (Repubblica, 5 novembre); tutto è meno importante dell’idea che sulla “trattativa” non si riesca (ancora) a produrre prove. Una gioia – incontenibile – che non si riesce a frenare: da prima pagina.

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Non ci sono prove sufficienti su alcuni imputati; in tribunale non si è ancora trovata la quadratura su alcuni fatti. D’accordo. Eppure gli intellettuali dovrebbero avere uno sguardo più alto di quello strettamente penale, che è, comunque, al primo grado di giudizio. Il tanto celebrato (e poco letto) Pasolini non ha “soltanto” scritto: “Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi”. Ha aggiunto – per gli smemorati e i “giornalisti alle vongole” di ieri, di oggi e di domani – “Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero.”

Di Pasolini, il Corriere della Sera, non dovrebbe soltanto vendere i libri a 8,90 euro al volume (gli affari sono affari… lo so, lo so), andrebbe rispettato anche lo spirito di denuncia – il fuoco – che i suoi testi contengono: che fine ha fatto l’anima che al Corriere ha saputo dare Piero Ottone? Oggi le denunce del corsaro sono sostituite dalle quiete, accomodanti, solfuree ricostruzioni di giornalisti proni al potere. Non è la stessa cosa.

Insomma. Mannino è stato assolto (in primo grado). Significa anche che la “trattativa” non c’è stata? Non dobbiamo forse, con Pasolini, continuare a immaginare ciò che si tace (anche perché alcune intercettazioni sono state distrutte)?

Non dobbiamo – per essere fedeli al “corsaro” – coordinare fatti, mettere insieme pezzi? Allora: se Brusca pedinava Mannino; se l’ex ministro era “sulla lista nera” della mafia; se l’attentato fu revocato e nel mirino entrò Borsellino sarà successo qualcosa, o no?

Per essere fedeli a Pasolini, non dobbiamo tenere fermo lo sguardo al quadro politico complessivo? Quindi: se nel mirino della mafia c’era la politica, e a un certo punto muoiono i magistrati, sarà successo qualcosa?

Pasolini voleva ristabilire la logica in ciò che si vuole continuare ad avvolgere nel mistero. Dunque. La domanda è – al di là della sentenza (provvisoria) su Mannino – è logico che in Italia tutto resti (dalla strage di Piazza Fontana, alla trattativa Stato-mafia), senza responsabili? E’ logico (e giusto) che si continui a negare l’evidenza: un partito politico è nato dal nulla, dopo la trattativa, e ha fatto il pieno di voti in Sicilia – in Sicilia – con deputati che negavano l’esistenza della mafia. Di cosa stiamo parlando! Forse non si troveranno, mai, le prove oggettive (processuali) ma il dato storico-politico è innegabile. Gli intellettuali dovrebbero denunciarlo, gridarlo dai tetti e nei teatri, anche a costo di essere definiti guitti: titolo di cui Pasolini andrebbe fiero.

Se non fa questo, cosa fa, allora, un intellettuale? Se non si pone domande, non solleva dubbi, non scardina certezze – costruite per difendere l’ordine esistente – che valore ha un intellettuale?

L’arte intuisce e denuncia. La Magistratura fornirà le prove. E’ una questione di tempi. I tempi lunghi della giustizia. Ancora manca, è vero, qualche tassello. Ancora si fa fatica – visti gli ostacoli – a chiudere il quadro. Ancora. Ma c’è il secondo tempo della partita, produrrà sorprese: la trattativa c’è stata, è un fatto. I difensori dell’ordine costituito lo sanno e già hanno pronti i titoli: “La Magistratura politicizzata, condanna”.

Questo è il quadro: quando i giudici assolvono, sono giusti. Quando condannano, sono politicizzati. I giornaloni sono in mano a poteri forti che manipolano la realtà. Stuprano la verità. Accadono cose, in Italia, che negli Stati Uniti farebbero inorridire. Quale Presidente americano avrebbe potuto distruggere intercettazioni che lo riguardavano (Richard Nixon?). Su, via, l’America è un Paese serio. Nei pochi spazi liberi bisogna continuare a denunciare. Pasolini ci mostra la strada.

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