Il fatturato complessivo delle principali sette società editoriali (vedi tabella) è diminuito dal 2014 al 2011 del -18% (dal 2014 al 2013 il calo è stato di -4%). Rcs ha fatto registrare il calo più consistente (-38%), mentre solo Sky ha mantenuto lo stesso livello di ricavi (-1%). Rai ha subìto un calo di -15% (sarebbe stato pari a -9% se il Governo non le avesse tolto 150mni nel 2104 di ricavi da canone). I dati sono tratti dalla ricerca su Le principali società italiane di Mediobanca.

fatturato principali imprese media

Il mercato della comunicazione è quindi anch’esso in crisi? I dati sulla contrazione dei ricavi lo conferma, ma sono necessarie alcune precisazioni. L’aspetto più importante da segnalare è che non di tratta di una crisi della domanda di comunicazione, che, anzi, manifesta costanti crescite, grazie ad un’offerta che, con il web, si è ampliata a dismisura. L’ampliamento dell’offerta ha determinato che le due principali risorse di mercato, il pagamento diretto per l’informazione da parte dell’utente e la pubblicità, entrassero in crisi. Non a caso l’unica società che mantiene le posizioni è Sky, la società più “giovane” e che offre un prodotto più selezionato. Si tratta quindi di una crisi legata anche alle trasformazioni del mercato della comunicazione, seguite alla “rivoluzione” portata dal web.

La presenza di un’enorme massa di comunicazione alla quale possiamo attingere ha contribuito a svuotarla di valore economico. La comunicazione è considerata da molti come un bene “libero”, perché può essere consumata in modo apparentemente “gratuito”, solo sacrificandosi alla visione degli spot (sacrificio al quale peraltro siamo un po’ tutti abituati). Chi accetta di pagare l’informazione, deve percepire chiaramente, come avviene per la pay, il valore esclusivo della stessa, l’assenza di succedanei, e contemporaneamente deve avere le necessarie disponibilità economiche. Il 30-35% delle famiglie considera, per esempio, la Tv migliore quella a pagamento, la quale ha comunque difficoltà a espandersi.

L’altra fondamentale risorsa, la pubblicità, subisce pesanti contrazioni da parte degli inserzionisti, innanzitutto a causa della crisi economica, del calo dei consumi. A prescindere dalle variabili macroeconomiche, va rilevato un diverso atteggiamento del marketing, che è teso ora a preferire il contatto diretto col consumatore, piuttosto che “sparare” gli spot indistintamente sui macro-target con i classici mezzi di comunicazione; metodo ritenuto meno redditizio.

Da questa sintetica disamina si evince che l’unica soluzione per le imprese di comunicazione è offrire un’informazione più libera e ricca di contenuti. Non si può pensare di risolvere la crisi dell’editoria puntando, per esempio, sui libri di cucina oppure della Tv generalista con programmi insulsi o con un’informazione prona al potere: il pubblico è più maturo di quanto credono molti manager.

La crisi delle imprese di comunicazione è stata pagata ovviamente dal personale (vedi tabella). Dal 2014 al 2011 c’è stato, secondo i dati di Mediobanca, un calo complessivo di dipendenti pari a 2.461 unità (di cui 1.909 per Rcs).

dipendenti imprese media

La Rai, a differenza degli altri operatori, mantiene un numero elevato di dipendenti (più delle altre tre imprese televisive messe insieme), nonostante ci sia stato, negli ultimi anni, un cospicuo sfoltimento del personale, cui deve aver corrisposto, evidentemente, un pari numero di nuovi ingressi. Sembra vero che il primo nemico della Rai sia se stessa.

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