I raid aerei russi, iniziati il 30 settembre, hanno contribuito a fermare l’espansione dei gruppi terroristici: il popolo siriano apprezza il sostegno russo”. Lo ha affermato Bashar al Assad, durante un incontro a sorpresa con Vladimir Putin avvenuto a Cremlino. Quello del leader siriano è il primo viaggio all’estero dall’inizio della guerra nel 2011. Mosca di fatto gli ha ridato un ruolo di interlocutore politico a livello internazionale dopo molto tempo.

“Per risolvere la crisi siriana – ha dichiarato Putin – è necessario un processo politico con la partecipazione di tutte le forze politiche, i gruppi etnici e quelli religiosi  e per questo la Russia è pronta a dare il proprio contributo non solo durante le azioni belliche di lotta al terrorismo ma anche durante il processo politico”.

Intanto i media turchi, citando fonti riservate del governo di Ankara, hanno dichiarato che nei piano della Nato c’è una exit-strategy che prevede l’uscita di scena dell’attuale leader siriano tra circa 6 mesi.   L’Alleanza Atlantica ha smentito ma ha comunque confermato il suo supporto agli sforzi internazionali per trovare una soluzione politica.

Mosca è intervenuta direttamente nel conflitto siriano con l’obiettivo di combattere i terroristi dell’autoproclamato Stato islamico: i bombardamenti russi nel paese mediorientale che secondo l’osservatorio siriano per i diritti umani hanno provocato la morte di 370 persone: 127 civili e 243 combattenti del Fronte Al Nusra (branca siriana di Al Qaeda) e dello Stato islamico.

L’intervento di Mosca è stato decisivo per rafforzare Assad. Fino a settembre, infatti, il suo esercito controllava solo un terzo della Siria; il resto del paese era in mano ai ribelli da una parte e Al Nusra e l’Is dall’altra. Nelle ultimi giorni, è partita la riconquista di Aleppo finora controllata dagli insorti. Alla controffensiva di terra delle truppe lealiste e dell’Iran si sono aggiunti i raid aerei russi.

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