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Grazie a lui milioni di cittadini europei possono oggi chiedere ed ottenere che Google ed i gestori di ogni altro motore di ricerca debbano disindicizzare qualsiasi pagina web che li riguardi, abbandonandola, di fatto, alla deriva nel mare del web.

Lui però, Mario Costeja Gonzalez deve rassegnarsi all’idea che cercando l’oblio è entrato – forse per sempre – nella storia e che per questo i cittadini del mondo intero hanno e avranno, chissà per quanto tempo, il diritto di interrogare Google e ogni altro motore di ricerca con il suo nome ed il suo cognome e accedere a tutte le informazioni che lo riguardano.

E’ questa la sintesi della decisione – per taluni versi paradossale – cui è pervenuta nei giorni scorsi l’Autorità Garante per la protezione della privacy spagnola, rigettando un ricorso del Sig. Costeja Gonzalez, ovvero il cittadino spagnolo dal quale ha avuto origine l’ormai arcinota vicenda giudiziaria che ha poi condotto, nel maggio dello scorso anno, la Corte di Giustizia dell’Unione europea a stabilire che chiunque, a tutela del proprio diritto all’oblio, può chiedere ad un motore di ricerca di dissociare il proprio nome da qualsivoglia informazione pubblicata online purché non sussista un preminente interesse pubblico alla conoscenza dell’informazione medesima.

Nel marzo del 2015, il Sig. Costeja Gonzalez – dopo aver senza successo formulato analoga richiesta a Google ed essersela vista respingere – aveva chiesto all’Autorità spagnola per la tutela della privacy di ordinare a Big. G di disindicizzare un post nel quale si ripercorreva la propria vicenda – ovvero esattamente quella relativa ai propri debiti verso le Casse reali spagnole della quale, alla fine, grazie alla Sentenza della Corte di Giustizia, aveva ottenuto la disindicizzazione – e si aggiungevano taluni particolari sulla sua vita personale, spingendosi a pubblicare una sua fotografia.

Ma l’Agenzia spagnola per la tutela dei dati personali, questa volta, ha dato ragione a Google che nel dire di no alla richiesta di disindicizzazione inoltratagli dal Sig. Costeja Gonzalez gli aveva risposto che “In questo caso, sembra che l’URL che si chiede di disindicizzare include informazioni su di lei rilevanti per il pubblico e non obsolete. Quindi, possiamo concludere che il riferimento a questo materiale nei risultati di ricerca è giustificata dall’interesse pubblico ad avere accesso ad esso”, condividendo anche quanto poi aggiunto, dalla stessa Google davanti all’insistenza del Sig. Gonzalez: “Google Inc. ha riesaminato la richiesta del ricorrente e ritiene che l’URL oggetto della richiesta di disindicizzazione si riferisce a informazioni e opinioni che hanno rilevanza e interesse pubblico indiscutibile. In particolare, si tratta di un link ad un post pubblicato su un blog personale nel quale si propongono informazioni e opinioni relative al procedimento dinanzi alla Corte di giustizia dell’Unione europea C 131/12, in cui il signor (X) [Costeja Gonzalez, ndr] e Google Inc. sono state parti, assieme alle Aepd [Agenzia spagnola per la tutela della privacy, ndr] e alla società spagnola, Google Spagna.

Come stabilito dalla Sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea del 13 maggio 2014, il diritto alla protezione dei dati deve cedere il passo alla libertà di espressione e di informazione quando le informazioni delle quali si chiede la disindicizzazione si riferiscono a questioni che sono di interesse generale. In questo senso, non può tacersi che il signor (X) è parte della storia recente, essendo parte in un procedimento giudiziario di particolare interesse e di interesse pubblico. In particolare, il suo nome sarà per sempre associato ad un importante sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea. Non va trascurato, inoltre, che il signor (X) non ha mai mostrato scrupoli ad esporsi pubblicamente, rilasciando interviste e esprimendo il suo parere sui procedimenti giudiziari in cui era una parte interessata. Il fatto che il signor ( X ) ha deliberatamente deciso di contribuire attivamente al dibattito pubblico attraverso la sua continua partecipazione alle interviste con i media in forma scritta, la radio e la comunicazione audiovisiva, determina che il legittimo interesse della società in materia di accesso informazioni e opinioni su di lui , anche attraverso i motori di ricerca quando si cerca dal suo nome , dovrebbe prevalere sul diritto alla protezione dei dati. Il signor (X) non può adesso ad agire contro le proprie azioni”.

E il Garante spagnolo della privacy, nella sua decisione dei giorni scorsi, fa sue – quasi parola per parola – le motivazioni con le quali Google ha respinto al mittente la richiesta di oblio dell’uomo che le ha imposto di riconoscere l’oblio a centinaia di milioni di cittadini europei”.

La vendetta è un piatto che va servito freddo, dice un vecchio proverbio e – a volersi permettere una battuta in una storia nella quale evidentemente la vendetta c’entra poco – si potrebbe maliziosamente concludere che Google, questo piatto, nei confronti del Sig. Costeja Gonzalez, lo ha appena assaporato e gustato con soddisfazione.

Ma battute a parte, la storia – che sotto il profilo giuridico merita naturalmente ben altro approfondimento – è sintomatica dei rischi connessi al c.d. “effetto Streisand” che si registra quando il tentativo di rimuovere un dato da Internet provoca un effetto diametralmente opposto e che deve il suo nome all’attrice Barbra Streisand che nel 2003, nel tentativo di veder cancellata dalla Rete la foto aerea della sua villa californiana, ottenne invece di vederla rimbalzare su migliaia di blog e testate giornalistiche.

E così è accaduto al Sig. Costeja Gonzalez, passato alla storia per aver chiesto di essere dimenticato.

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