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Rabbia, rabbia e ancora rabbia. C’è un poliziotto Nicola Barbato, 53 anni, della sezione antiracket della Squadra mobile della Questura di Napoli che combatte tra la vita e la morte. Con un collega più giovane conduce un’indagine coperta. Sono in borghese ed hanno un’auto civetta. Sanno il fatto loro. Sono esperti. Nel loro curriculum arresti importanti e note di merito. Adesso danno la caccia a due estorsori. Sono cani sciolti – come accade ora – fuoriusciti da clan in disgregazione.

I due malviventi hanno puntato gli occhi su di un negozio di nuova apertura. Vogliono i soldi. E’ la tassa del quieto vivere. La polizza assicurativa di miezz ‘a via. Sono aggressivi. Minacciano e usano le maniere forti. Il titolare dell’esercizio commerciale non ci sta. Finge la trattativa. Ha un comportamento remissivo e spaventato. Non è così. Denuncia tutto. Gli investigatori lo guidano. Seguono le mosse. L’epilogo – ieri sera – in via Leopardi, quartiere Fuorigrotta, zona stadio, periferia Occidentale di Napoli. I due estorsori entrano nel negozio con piglio camorristico chiedono il pizzo. I due agenti non possono intervenire: serve la flagranza di reato. Li devono beccare con il denaro in mano.

Accade qualcosa di imprevisto. I due estorsori si allontanano dall’esercizio commerciale e notano l’auto. Uno dei due estrae la pistola e comincia a sparare. Uno, due, tre colpi contro l’auto civetta, una Fiat Panda grigia, in sosta di fronte all’ingresso della stazione ferroviaria della cumana che collega il centro storico con l’area flegrea. Sono le 19 e 45. C’è il caos di fine serata. Poteva essere una strage. E’ il fuggi fuggi. C’è chi si butta a terra, chi si barrica in un negozio, chi prende il piccolo a seguito e si nasconde dietro i veicoli in sosta. Due proiettili si conficcano nella portiera destra mentre un altro manda in frantumi i vetri dei finestrini. A questo c’è un’ipotesi investigativa da brivido: il malvivente entra addirittura nell’auto e fa fuoco dal sedile posteriore contro il poliziotto scambiandolo per un esponente di un clan rivale: Nicola è in auto. Due colpi lo centrano alla spalla e al collo. Nonostante le ferite riesce ad aprire lo sportello – lato guidatore – per ripararsi dal fuoco. Cade e sbatte rovinosamente la testa contro un paletto che delinea l’ingresso della stazione. Non perde mai conoscenza.

I due malviventi nel frattempo scappano tra la folla. Una scena da Far west, una violenza inaudita, una rappresaglia raccapricciante. Nicola Barbato è grave. Dal vicino ospedale San Paolo è trasferito al Loreto Mare dove è sottoposto a un delicatissimo intervento chirurgico. Le sue condizione restano gravissime. Intanto il giovane collega è distrutto, sotto choc, immobile. Mima le scene, i movimenti dei due sicari nel corso dei rilievi della scientifica andati avanti tutta la notte. Piange, si dispera. A turno i colleghi lo rincuorano e non trattengono le lacrime.

Disorientamento, sgomento e incredulità: Napoli fa paura. E’ una polveriera. A memoria non si ricordano estorsioni a mano armata e per giunta con tiro a bersaglio sugli agenti. Il messaggio è chiaro: comandiamo noi, chi si frappone muore. Ora occore fermare le chiacchiere e agire. Lo Stato mostri durezza. Napoli dev’essere messa in sicurezza. Non c’è più tempo. E’ un crescendo che minaccia da vicino la convivenza civile e la coesione sociale della terza città d’Italia. La ricreazione è finita. Lo Stato faccia lo Stato. Basta con le riunioni, i tavoli istituzionali, i comitati per l’ordine e la sicurezza pubblica. Basta con le iniziative folcloristiche. Le inziative autorassicuranti. E’ guerra e la guerra la si combatte con le armi.

Un silenzio irreale è calato sull’intera città. Serpeggia la paura, il terrore, la percezione di essere ripiombati negli anni bui delle faide di quando la camorra spadroneggiava in modo cruento. Ora è il tutti contro tutti con bande gangheristiche che mettono a ferro e fuoco tutti i quartieri partenopei approfittando dei vuoti di potere. I fronti aperti sono tantissimi. Lo Stato senza tentennamenti deve decidere di combatterla questa maledetta guerra.

Il pensiero ora è però rivolto a Nicola Barbato, il valoroso sovrintendente di polizia. La sua bacheca facebook è zeppa di messaggi d’affetto e di sproni a combattere. “Ciao Nicola non mollare. Prego Dio con tutto il cuore che ti possa riprendere presto più forte di prima. Ti voglio bene” e ancora “Quando lavoravamo insieme, 22 anni fa successe a me un fatto analogo. Mi dicesti: Sei stato miracolato, Dio ci ha messo la sua mano. Adesso la stessa mano sono certo sia su di te”. Caro Nicola davvero siamo tutti con te, il male non deve e non può vincere.

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