Lui si chiama Joe Formaggio e riveste la carica di sindaco di Albettone, un piccolo comune del vicentino. Il suo nome è già balzato al disonore della cronaca perché, nell’ordine, ha messo i cartelli stradali con divieto di transito per i nomadi, poi ha annunciato di essere pronto a prendere il facile, poi si è fatto fotografare armi in pugno, quindi ha annunciato che avrebbe fatto murare le porte delle case per sbarrare la strada alla accoglienza…

In queste ore ha annunciato che ordinerà la costruzione di muri per impedire il collegamento tra il suo paese e i comuni vicini che hanno invece deciso di accogliere qualche decina di rifugiati e di immigrati.

Dal momento che il sindaco leghista ha la maggioranza assoluta il muro di Albettone potrebbe diventare una realtà.

Resta una domanda, ma quel sindaco e quel paese sono ancora nel territorio della Repubblica italiana? Lo Stato e i suoi funzionari possono continuare a tollerare saluti romani, simboli neonazisti, muri illegali e minacce di ogni tipo, sino all’olio di ricino promesso al prefetto Gabrielli, senza che nulla accada? Un conto è comprendere la paura, il disagio, il malessere sociale, altro è soffiare sul fuoco e aizzare i peggiori livori pur di conquistare qualche voto.

I Joe Formaggio di turno provocano perché sanno di non rischiare nulla, protetti da complici distrazioni, da clamorose omissioni e dalla compiacenza di non poche trasmissioni che non mancheranno di ospitarli per ore e ore. Forse se quei “muri della vergogna” venissero circondati da un “muro di silenzio” mediatico, le provocazioni dei sindaci con il fucile non andrebbero oltre il confine del loro villaggio.

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