Prodotti di marchi di pregio a prezzi stracciati. Spumanti Berlucchi e birre Baladin, ma non solo, venduti sottocosto in alcuni supermercati del Piemonte e della Sardegna. Tutto questo era possibile grazie alle truffe messe in atto da un’organizzazione smantellata dalla Polizia di Asti. Un uomo è finito in carcere e quattro ai domiciliari nell’ambito dell’operazione “La svolta”, mentre una è latitante. La procura astigiana le indaga per associazione a delinquere finalizzata alla truffa, tentata truffa, falsi in scrittura privata e sostituzione di persona. Diciassette sono finora le aziende raggirate, ma molte altre sono finite nella rete della banda.

Secondo gli investigatori a capo della banda c’era Giuseppe Ceravolo, 32 anni, originario di Gioia Tauro con precedenti per truffa e altri procedimenti in corso nel resto d’Italia, da tempo residente nell’Astigiano e ora detenuto in carcere. Ceravolo, secondo chi indaga, ci sapeva fare con gli affari e sapeva anche porsi bene con i suoi interlocutori. Con il nome di “Sergio Raggio” si presentava alle fiere di prodotti alimentari come grossista per conto di alcune ditte, tutte società di comodo con capitale sociale di un euro come la “Global Service”, intestata alla sua compagna Astrid Ortolan (finita ai domiciliari), la Italiana Alimentari e la Eurodistribuzione.

Si conquistava la fiducia dei fornitori piano piano, cominciando a fare ordini di prodotti per alcune migliaia di euro che venivano puntualmente pagati. Poi però le richieste crescevano e qui scattava l’inganno: il pagamento veniva fatto con assegni circolari oppure venivano garantiti con le fidejussioni false fatte da un assicuratore, Maurizio Furlanetto (ai domiciliari), consulente di una società finanziaria di Napoli estranea alle vicende. In un caso l’arrestato sarebbe riuscito a fare anche di meglio. Aveva ordinato alimenti per 50mila euro a una ditta veneta e, una volta avvenuta la consegna, aveva affermato di non poter pagare per dei problemi tecnici. Poi, alla prima telefonata del fornitore che esigeva il pagamento, è riuscito a girare la situazione a suo favore ordinando una seconda partita di prodotti per 50mila euro, che come la prima non verrà pagata. Impossibile avere il proprio denaro, anche dopo i decreti ingiuntivi fatti dai fornitori.

I prodotti ottenuti dalla banda venivano poi piazzati nei supermercati da due grossisti indagati per ricettazione perché consapevoli della provenienza dei beni comprati. I prodotti venivano così venduti da “outlet alimentari”, discount o magazzini con prezzi inferiori al costo di produzione. La Guardia di finanza, che collabora all’inchiesta coordinata dal sostituto procuratore di Asti Donatella Masia, sta cercando di capire se questi supermercati comprino alimenti e bevande da altri fornitori che usano gli stessi metodi Ceravolo.

Intanto potrebbero essere molte di più le aziende danneggiate dalla banda. La polizia, nel quindici mesi di indagini, è incappata in altre 25 società che sarebbero state truffate ma che non hanno fatto nessuna denuncia, mentre la banda aveva preso contatti con altre sessanta aziende. Il denaro ottenuto da Ceravolo e complici invece ha preso la direzione della Svizzera, dove è stato portato in contanti o grazie alla complicità di alcune società elvetiche.

Twitter @AGiambartolomei

Articolo Precedente

Mafia Capitale, la prefettura di Catania commissaria il Cara di Mineo

next
Articolo Successivo

“Tav Chi Sì”, online l’investigazione social sulle Grandi opere. Tra sprechi e cricche

next