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L’Arabia Saudita e l’assurda candidatura alla presidenza del Consiglio Onu per i diritti umani

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La notizia ha dell’incredibile. È come se un piromane avanzasse la sua candidatura a dirigere i Vigili del fuoco, o se lo Stato islamico si proponesse alla presidenza dell’Unesco.

UN Watch, il gruppo di monitoraggio sull’operato degli organismi delle Nazioni Unite che si occupano di diritti umani, ha reso nota l’intenzione dell’Arabia Saudita di candidarsi alla presidenza del Consiglio Onu per i diritti umani. L’attuale mandato della Germania scadrà l’anno prossimo, ma l’elezione avrà luogo entro la fine del 2015.

L’Arabia Saudita è stata eletta stato membro del Consiglio Onu per i diritti umani nel 2013 e già allora le proteste delle organizzazioni per i diritti umani furono vibranti. Se la candidatura alla presidenza avesse successo verrebbe messa la pietra tombale sulla credibilità dell’organismo.

Nei primi cinque mesi dell’anno sono state già eseguite 90 condanne a morte, tre in più del totale del 2014. Una delle prossime esecuzioni potrebbe essere quella dello sceicco Nimr al-Nimr, noto religioso sciita condannato a morte nel 2014 dopo un processo irregolare.

Il lavoro per il boia è così tanto in Arabia Saudita che di recente è stato necessario pubblicare un bando per nuove assunzioni.

Ma non c’è solo la pena di morte. Nel paese non c’è spazio per il dissenso, che le nuove norme in materia di sicurezza equiparano di fatto al terrorismo.

Il caso più noto di repressione delle idee è quello di Raif Badawi, condannato a 10 anni di carcere e a 1000 frustate per aver espresso i suoi punti di vista sulla società e sulla religione in un forum online. Badawi è uno degli almeno 12 prigionieri di coscienza detenuti nelle carceri del regno: insieme a lui vi sono avvocati, attivisti per i diritti umani e sostenitori delle riforme.

Un curriculum davvero impeccabile, dunque, per presiedere il principale organismo delle Nazioni Unite in materia di diritti umani…

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