“Il Pd di Renzi è dimezzato, noi siamo quasi la prima forza del Paese”. Il Movimento 5 Stelle il giorno dopo le elezioni Regionali e Comunali grida alla vittoria. O almeno alla tenuta e lancia il guanto di sfida a quello che è un Partito democratico zoppicante. Ma i dati, in termini assoluti e percentuali, raccontano molto di più. Il M5S si consolida sul territorio e non soffre per la prima volta dalla sua nascita le elezioni amministrative: entra in 7 consigli regionali con percentuali di conferma e radicamento che non erano prevedibili fino a pochi mesi fa. Ma al tempo stesso, nel confronto con le ultime chiamate alle urne, perde voti ovunque. A differenza di quanto detto da Beppe Grillo sul blog non sono primo “partito” in tre Regioni: in Campania sono terzi, in Puglia e Liguria secondi.

Difficile paragonare i risultati alle Regionali con le Europee o le politiche: sono competizioni diverse e con sistemi elettorali diversi. Ma il confronto in termini assoluti può dare una fotografia generale della situazione. Come riportato dall’analisi dell’Istituto Cattaneo “il M5S ha ridotto i propri consensi di circa il 60 per cento rispetto all’exploit delle politiche del 2013, ma anche rispetto alle Europee del 2014 (-40,4%), quando già avevano fatto registrare un cospicuo arretramento”. In valore assoluto: -1.956.613 voti rispetto alle nazionali del 2013 e -893.541 rispetto al voto per Bruxelles di un anno fa. “Non bisogna”, continua il report, “sottovalutare la capacità di consolidarsi nell’arena elettorale difficile delle Regionali, in cui la presenza del leader Beppe Grillo è meno visibile. Ma non riesce a capitalizzare le difficoltà degli avversari in alcuni contesti apparentemente favorevoli, ad esempio in Campania. Anche in Veneto, dove il Movimento ha perso il 75% dei voti del 2013, molti elettori del centrodestra sembrano essere stati riassorbiti dal partito di Salvini”.

A parlare sono i dati per le singole realtà. Partiamo dalla Liguria, patria di Grillo e terreno in cui tutti si aspettavano la grande sorpresa. Qui il M5S con un affluenza del 50,6 prende il 22,29 per cento (voti assoluti 120,147), mentre alle Europee aveva ottenuto il 25,95 per cento (201.617 voti assoluti) con affluenza al 60,7. In Veneto i grillini dicono che puntavano fin da subito a non affondare perché consapevoli della difficoltà del territorio in cui la Lega Nord spadroneggia. I numeri parlano da soli: 192,243 voti (10,41 per cento) con affluenza al 57,1% che segnano una perdita rispetto al 2014 quando, con affluenza al 63,9 per cento, i voti assoluti erano stati 476.305 (19,86%). Cambia il confronto se si guardano le Regionali del 2010: 2,57 per cento con voti assoluti 57.848.

Storia simile in Umbria: alle Europee avevano preso il 19,47% (90.492 voti), oggi hanno ottenuto il 14,55 (51.203 voti assoluti). In questo caso però diversa è stata l’affluenza: ieri 55,4%, mentre un anno fa addirittura al 70,4 per cento. Nelle Marche, un consiglio regionale uscente di indagati per spese pazze ha fatto la sua parte e spianato la strada a un buon risultato dei 5 stelle. Anche se difficile il confronto con le Europee: oggi 18,89 per cento (100.202 voti con affluenza al 49,7%) contro il 24.51% di allora (194.927 voti con affluenza al 65,5%). Meglio se paragonati alle Regionali scorse: non si presentarono nemmeno perché appena nati.

In Puglia prendono il 16,36 per cento (271,935 voti e affluenza al 51,1%) mentre nel 2014 avevano preso il 24.61 per cento (403.180 voti e affluenza al 51,5%). Alle Regionali del 2010 invece non si erano presentati. In Campania avevano sperato di andare oltre e di approfittare di “impresentabili” e gaffe De Luca. Alla fine si fermano al 17,05 per cento (386.306 voti e affluenza al 51,9%), mentre alle Europee erano al 22,93 per cento (528.371 voti assoluti e affluenza al 51,1%). Cinque anni prima nelle competizioni per rinnovare il consiglio regionale avevano preso l’1,33 per cento (36.792 voti). Chiude il cerchio la Toscana: 15,13 nel 2015 (200.583) contro il 16,68 del 2014 (316.492 voti assoluti).

 

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