I volontari, come gli sfruttati, ci sono sempre stati. Certo è che Expo 2015 ha messo un sigillo di ufficialità a una certa idea di volontariato. Così, rotto l’argine dell’indugio moralista, arruolare volontari è più semplice, più bello, più conveniente, più trendy (meglio ancora se in epoca devastata dalla necessità di lavoro retribuito). Piccole expo crescono: da mercatini universali a eventi provinciali, dal festival di questo alla rassegna di quello.

Dalle mie parti, per esempio Parma, un festival di cibo riporta con fierezza in home page, alla voce Volontariato: Partecipa come volontario al successo del Festival, il tuo apporto è fondamentale ed occasione unica per socializzare e contribuire al rilancio del tuo territorio“. Per come la vedo io: o lavori gratis o sei un asociale.

Se prima volontariato era espressione di impegno sociale, ora il senso stesso della parola è distrutto a favore di una nuova e assolta interpretazione: sfruttamento di lavoro a costo zero; io ci guadagno, tu fai l’esperienza di socializzazione, mi dici anche grazie e se sei bravo ti chiamo pure l’anno prossimo, che forse ti rimborso la vaselina.
Se non è un’occasione unica per socializzare questa…
botte piena

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