Ormai inizia a rendersene conto perfino il sempre allineato Stefano Folli, già portaborse di Giovanni Spadolini e attualmente notaio del pensiero pensabile di Repubblica, il quale – nel suo Punto di mercoledì scorso (“La spina cruciale della Liguria”) – prendeva atto che nelle prossime regionali Matteo Renzi rischia molto più di quanto non apparisse nelle scorse settimane. Anche perché l’ineffabile cinismo con cui sono state messe in pista le candidature Pd, il cui unico obiettivo sembra quello di fare fuori a livello locale “gufi e rematori contro” invisi al premier, si sta rivelando un boomerang. Il caso campano, con le alleanze “imbarazzanti” di Vincenzo De Luca, ormai scivola nella (pur amarissima) barzelletta. Difatti certe marce indietro governative dell’ultima ora, magari per non collidere con bacini elettorali importanti come quello del pubblico impiego nella scuola, rivelano il crescente nervosismo.

Secondo Folli il vero epicentro del possibile day after renziano è il pur piccolo scenario ligure; dove si è scelto senza tentennamenti e molta arroganza di puntare su Raffaela Paita; per benemerenze conseguite nell’aver fatto fuori nelle primarie locali, condotte senza esclusione di colpi (bassi), il disturbatore Sergio Cofferati. L’astio nei confronti del quale emerge dal voler svilirne il risentimento riducendolo all’infantilismo del “ha perso e scappa con il pallone”. Quando quella vicenda è stata altamente inquinata neppure troppo sottobanco, nella logica più che collaudata dell’asse Burlando-Scajola.

Dunque, Paita governatore. Nonostante l’aspetto vagamente grifagno della signora, che ne impedisce la collocazione nella squadra delle “soavi viperette” del premier (le Boschi, Serracchiani, Picierna, con la new entry Anna Ascani), a cui – comunque – si accomuna per l’incrollabile quanto ingiustificata determinazione (i marxiani “animal spirits”) nel perseguire obiettivi di carriera.

Eppure, nonostante i sondaggi taroccati e la grancassa di parte della stampa locale (tradizionalmente molto sensibile alle gerarchie politico-affaristiche regionali), la candidatura non decolla. Anche perché conferma la caratteristica decisiva della proposta Pd per queste regionali: aver messo in campo l’imbarazzante. E la candidata Paita ne è la migliore riprova: dalle performance al tempo della recente alluvione allo stile interlocutorio/argomentativi (tracotante); per arrivare al mistero del suo percorso culturale, visto che i suoi stessi siti ufficiali tacciono sui titoli di studio conseguiti e fanno riferimento a vaghe esperienze giornalistico/pubblicistiche di non facile individuazione nella natia La Spezia, non propriamente piazza sede di testate e imprese editoriali che superino la soglia del giornalino parrocchiale.

Che fare per rimediare? Ancora una volta la soluzione del presunto nuovo che avanza – da Rignano sull’Arno come dalla Val di Magra – fa ricorso ad armamentari propagandistici di antichissimo conio: lo slogan creato da Indro Montanelli per l’allora partito democristiano in difficoltà “turiamoci il naso ma votiamo Dc”. Non il massimo dell’apprezzamento per il destinatario del voto e certamente molto ricattatorio. Comunque efficace perché fa ricorso al sempre valido “fattore paura”.

Al solito Renzi ricicla (Montanelli) con toni da gag: “Se non votate Paita riesumate Berlusconi”. Una gag mistificatoria che vorrebbe ridurre lo scontro elettorale, in atto tra gli ulivi terremotati e le città disastrate di Liguria, a una sorta di derby Paita-Toti. Con la trasformazione del mite (rivestito grottescamente da mannaro) Giovanni Toti nell’armata di un berlusconismo in rotta; che giorni fa in Trentino ha già perso i ¾ dei propri consensi. Ma questa è la linea per sostenere l’imbarazzante Paita: ricatto e paura. Soprattutto la tecnica collaudata dell’illusionismo. Per nascondere il fatto che sanno crescendo alternative quanto meno di pari peso rispetto a quella dei burlandian-renziani in perdita costante di pezzi: in particolare i ragazzi di Cinquestelle (nonostante le mattane di Grillo su Veronesi e la campagna terroristica su fantomatici inquinamenti malavitosi accreditati da faide di paese).

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