Reo confesso. Stavolta uno degli assassini delle tre anziane missionarie italiane uccise in Burundi sette mesi fa ha un nome e un volto. A parlare è un altro membro del commando che il 7 settembre scorso assassinò brutalmente Olga Raschietti, Lucia Pulici e Bernardetta Boggian nella loro casa di Bujumbura. Si chiama Juvent Nduwimana (nella foto), ma per i servizi segreti per i quali lavora porta il nome di Juvent Kiraga. La sua testimonianza è stata raccolta da Rpa, Radio Publique Africaine, la radio diretta dal giornalista Bob Rugurika, che per la testardaggine nel voler far luce su questo crimine ha già pagato con un mese di carcere, rilasciato dopo forti pressioni internazionali e una risoluzione del Parlamento Europeo, e ora si trova a fare i conti con continue minacce alla sua incolumità personale. Nell’intervista esclusiva a ilfattoquotidiano.it, aveva anticipato nuovi sviluppi dell’inchiesta. Che sono puntualmente arrivati: dalla testimonianza raccolta ora emergono infatti nuovi particolari, tra cui il più clamoroso sarebbe il coinvolgimento anche di un religioso italiano nella vicenda. Si viene poi a conoscere anche l’identità del primo teste, che lo scorso gennaio, in forma anonima, aveva dato il via alle ricostruzioni della dinamica, dei mandanti e dei moventi. Si tratta di un poliziotto, soprannominato Mwarabu.

Il secondo testimone, Juvent Nduwimana, ha reso la sua versione dei fatti alcuni giorni fa, per via telefonica, mentre si trovava a Mogadiscio, come membro dell’Amisom, la forza multinazionale dell’Unione Africana dispiegata in Somalia, di cui fa parte anche un contingente burundese. Era stato fatto allontanare dal paese, probabilmente per evitare che venisse rintracciato: pur non essendo un militare e non avendo dunque alcun titolo per far parte di Amisom, vi si trovava arruolato, matricola n. TC1592, dove TC sta per travailleur civil, lavoratore civile; nonostante ciò, nelle immagini disponibili Nduwimana indossa una divisa militare: le foto sono state scattate all’aeroporto di Mogadiscio pochi giorni fa, nel momento in cui l’agente veniva costretto al rimpatrio a seguito della messa in onda della sua confessione. Dopo essere stato ascoltato dai magistrati a Bujumbura, si trova dal 9 aprile agli arresti.

Racconta l’agente nell’audio originale andato in onda su Rpa: “Ci hanno contattato la prima volta, se mi ricordo bene, lo stesso mese dell’omicidio, ci siamo presentati io e un poliziotto di nome Mwarabu. Ci siamo incontrati la prima volta in tre: io, Kazungu e Mwarabu. Ho domandato di che missione si trattava. Mwarabu mi ha detto che Kazungu gli aveva confidato che i suoi piani erano stati sconvolti, a causa dei giovani che andavano a farsi curare al centro di salute appartenente alla congregazione delle suore. Mwarabu mi ha detto che la missione doveva essere ritardata, perché c’era un piano di eliminare le suore. Non ho ben accolto questo, perché era una missione diversa dalle altre che avevamo compiuto. Ci hanno di nuovo convocato il 6 (settembre, ndr) e ci siamo incontrati nel quartiere chic, a casa del generale: eravamo con Guillaume, il poliziotto Ayubu e il generale. Padre Claudio è solamente passato, si son messi da parte, hanno parlato, poi Guillaume e Kazungu ci hanno chiamato e ci hanno annunciato che la missione era di assassinare le suore”. Il religioso è descritto come padre Claudio del Centre Jeunes Kamenge.

Secondo quanto racconta il teste, le tre suore sarebbero state da eliminare perché erano sul punto di diffondere informazioni sulla presenza di Imbonerakure (la milizia giovanile del partito al potere, che non si fa scrupolo di usare la violenza e che ora – in vista delle imminenti elezioni presidenziali – sta ulteriormente esacerbando il clima nel paese) e di alcuni militari burundesi nella confinante Repubblica Democratica del Congo. Uno dei due moventi di cui aveva parlato anche il primo testimone a gennaio. Secondo il suo racconto, i giovani miliziani al servizio del partito al potere si stanno addestrando in Congo, subito al di là del confine, e i feriti avevano preso l’abitudine di andare a farsi curare all’ospedale di Luvungi, gestito dalle saveriane. Suor Bernardetta Boggian, in particolare, vi si sarebbe opposta dopo aver constatato che gli imbonerakure, una volta guariti, tornavano a commettere soprusi e violenze. A questo alluderebbe anche la frase di Juvent Nduwimana, quando parla di “piani sconvolti a causa dei giovani che andavano a farsi curare al centro di salute appartenente alla congregazione delle suore”. Ricordiamo che il primo testimone, accanto a questo movente, ne aveva indicato un altro: un traffico di medicinali e minerali preziosi tra Congo e Burundi, di cui l’allora capo dei servizi sarebbe stato organizzatore e beneficiario e che le tre religiose volevano denunciare.

Anche le persone nominate in questa seconda testimonianza sono le stesse già chiamate in causa dal primo reo confesso, che aveva dato la sua versione dei fatti a gennaio: il generale è l’allora capo dei servizi, Adolphe Nshimirimana (poi promosso a inviato della Presidenza della Repubblica per missioni speciali, uno degli uomini più potenti del Burundi); “Kazungu” sarebbe il soprannome del maggiore Joseph Niyonzima; Jean Ayubu è un commissario di polizia; Guillaume Harushimana è uno dei responsabili del Centre Jeunes Kamenge, il grande centro giovanile considerato punto di riferimento per i ragazzi della capitale e non solo, che vanta oltre quarantamila tesserati e promuove iniziative educative e di formazione molto note anche all’estero, tanto da aver ricevuto nel 2002 a Stoccolma il Right Livelihood Award, il Nobel alternativo per la pace. Di questo centro è direttore padre Claudio Marano: secondo Nduwimana,è lui che si è presentato a casa del generale Nshimirimana il 6 settembre e ha confabulato con lui e gli altri “capi” in un angolo e poi se ne sarebbe andato, un istante prima che gli altri confermassero l’ordine di uccidere le tre saveriane.

Dei chiamati in causa, il generale Nshimirimana dice di conoscere l’uomo, ma di non aver avuto una riunione con lui. Padre Marano ha in un primo tempo dichiarato di non conoscerlo e successivamente si è rifiutato di commentare. Gli altri due citati negano ogni coinvolgimento.

L’agente dei servizi si sarebbe deciso a parlare dopo esser stato tenuto a lungo in sospeso col lauto pagamento promesso e soprattutto dopo aver capito che si stava organizzando un piano di eliminazione fisica dei carnefici delle tre missionarie, per eliminare i testimoni: avrebbe così optato per una confessione, ritenendo che solo la stampa possa in questo momento garantire la sua sicurezza. Aprodh, la più nota associazione per i diritti umani in Burundi, ha intanto denunciato che Juvent Nduwimana, al suo rientro in Burundi, è stato sottoposto a un interrogatorio tenuto proprio dalle persone che lui ha accusato nella sua confessione e che pertanto si teme per la sua incolumità.

A seguito della diffusione dell’inchiesta e delle accuse mosse dall’agente dei servizi, il 9 aprile, lo stesso giorno in cui l’agente veniva interrogato e poi arrestato, i giudici hanno inviato una convocazione anche a padre Claudio Marano, come riportato dai media burundesi, perché chiarisca la sua posizione e risponda alle accuse mossegli dal testimone reo confesso.

Tutto questo avviene, lo ricordiamo, mentre da settembre è in carcere Christian Butoyi, un malato psichiatrico accusato all’indomani dei fatti di essere l’autore del triplice omicidio. E inoltre, tutto questo avviene a due mesi dallo svolgimento di elezioni parlamentari e presidenziali che si preannunciano tesissime e foriere di disordini, poi ché il presidente in carica, Pierre Nkurunziza, ha esaurito i due mandati concessigli dalla costituzione, ma è deciso a ripresentarsi per un terzo mandato incostituzionale, sostenuto da parte del suo partito e dalle milizie Imbonerakure, che stanno compiendo numerosi atti di violenza e intimidazioni, mentre la comunità internazionale, i partiti di opposizione e ora anche una parte dei quadri del partito al potere si sono schierati contro tale ipotesi. L’inchiesta sul triplice barbaro assassinio delle missionarie italiane tocca i gangli del potere in carica e per questo le sue implicazioni sono e saranno ancora tante.

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