L’ultimo addio a Expo 2015 è un colpo di teatro che potrebbe avere anche un’eco giudiziaria. È il premio Oscar Dante Ferretti che questa volta sbatte la porta. Nella lista degli appalti fermi o in ritardo c’è anche il suo progetto. Del Cardo e del Decumano, le due dorsali principali lungo le quali si allineano i padiglioni dell’Esposizione universale (la cui apertura è prevista il 1° maggio) “non è stata posta neanche la prima pietra”.

Lo scenografo, tre statuette dell’Academy e sei nomination, è “sconcertato e arrabbiato” anche perché il suo lavoro è stato consegnato oltre un anno fa ed “è ancora fermo”. Abituato alla perfezione l’artista ha diffidato da una realizzazione parziale, dicendosi pronto in tal caso a chiedere i danni. “Sono quattro anni che lavoro a questo progetto” dice Ferretti, raggiunto al telefono dall’Ansa a Taiwan, sul set di Silence, dove lavora per la nona volta a dare corpo al genio immaginifico di Martin Scorsese. “Ci ho messo la faccia e il nome. È stato approvato da tempo, ma la gara di appalto è stata perfezionata soltanto da poco: non sarà mai pronto per l’apertura. Mi sento dire che forse sarà realizzato per il 2 giugno, festa della Repubblica. Ma non ci penso proprio a una realizzazione parziale e li diffido dall’usare il mio nome”. Ferretti si chiama fuori anche dall’evento di apertura: “Certamente all’inaugurazione non parteciperò. Ho un nome da difendere. E anche ammesso che accelerino nella realizzazione, la qualità è fondamentale”.

Di qui la decisione di tutelarsi a livello legale. “A pochi giorni dall’inaugurazione della manifestazione – si legge nella lettera inviata dal legale dello scenografo, Giorgio Assumma, al commissario Expo Giuseppe Sala – è da escludere che la completa realizzazione traspositiva del progetto stesso possa avvenire”. L’eventuale realizzazione parziale determinerebbe “una grave lesione della integrità dell’opera dell’ingegno”, sottolinea Assumma, “tutelata dalla legge sul diritto d’autore”. Né si possono chiamare in causa, secondo il legale, “i motivi di necessità oggettiva, che secondo tale legge giustificano le alterazioni della stesura originaria dell’opera”. Di qui la determinazione ad adire le vie legali per salvaguardare l’integrità dell’opera, “con ogni più ampia riserva – conclude il testo della lettera – di azioni inibitorie e risarcitorie”.

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